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L’Amica Geniale, per me è proprio una figata! Ma si poteva essere più innovativi

L’Amica Geniale, per me è proprio una figata! Ma si poteva essere più innovativi
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Piace. Piace a tutti, dai 10 ai 90 anni. Al di là dei gap generazionali. “Papà, torna a casa presto per vedere insieme L’Amica Geniale”, miagola al telefono Beatrice, 10 anni, al padre Carmine. Io torno in tempo e trovo mia madre, 83 anni, inchiodata davanti al televisore per la prima puntata in onda su RaiUno: “Ma non l’avevi già vista al cinema la serie, proiezione speciale, il mese scorso?”, le dico. “E’ bellissima. La voglio rivedere. Per cogliere sfumature che magari la prima volta mi erano sfuggite”, risponde.

Confesso, ha contagiato anche a me la “Ferrante Fever”, il caso editoriale del secolo. Il fantasma planetario e milionario che ha stregato una platea di lettori sparsi nel mondo. Vende come la Bibbia. Dieci milioni di copie solo negli States (sono sicura che sono di più perché i dati non sono aggiornati, nda). Cifre da capogiro anche per la serie tivù: 5.000 comparse, 150 attori, un intero quartiere ricostruito come set alla periferia di Napoli, 9.000 provini per scegliere le due protagoniste. In realtà sono sei, due per ogni puntata, per adeguarsi alla fitta trama del libro, che vede Lenù e Lila, le amiche/rivali al centro del flusso fra passato e presente, prima bambine, poi adolescenti, infine signore mature. E, ça va sans dire, diritti televisivi già venduti a mezzo mondo (quelli che non hanno letto la tetralogia!).

Belle e brave le due bambine attrici/bambine. Nella mia testa c’è un pozzo e tiro fuori le parole, dice Lila a Lenù in dialetto stretto mentre sfoglia le pagine del suo primo libricino: La Fata Azzurra. Lenù è la sognante Elisa Del Genio, figlia della buona borghesia napoletana. Lila ha il volto intenso di Ludovica Nasti che ha combattuto per cinque anni contro la leucemia. La giovane età non consente loro di rilasciare interviste. Parlano per loro i genitori che adesso dovranno proteggerle da un’eccessiva curiosità del pubblico.

Mia madre fa la scrittrice (il suo prossimo libro, Sogni di carta sul fallimento del ’68, è una mini/mini Ferrante story), riottosa fino all’ultimo a leggere la tetralogia ferrantiana,  adesso tesse elogi: “E’ lo specchio della Napoli del Dopoguerra, è il ritorno alla grande lezione del cinema neorealista italiano”. Potenza pittorica di una fiction delle emozioni, osanna Aldo Grasso.

Fuori dal coro Paolo Martini, autore, cronista e critico televisivo dagli anni 80 in poi: “Non l’ho vista. Sarà anche bellissima, ma non mi interessa. Saverio Costanzo ha un grosso talento. Con Lorenzo Mieli, un po’ figli d’arte, un po’ figli di papà, si sono fatti strada all’inizio con esperienze innovative. Li ho apprezzati come sperimentatori. Adesso per riflesso condizionato, un po’ perché dentro il potere ci sono nati, cavalcano il mainstream, di facile e larga utenza. Anche HB0, loro coproducer, ha perso il giro, non sperimenta più come una volta”.

Sperimentano invece Antonietta Sannino, ad di City Sightseeing, e Titta Marrone, giornalista e anima della libreria Iocisto (che bello una libreria di nicchia che resiste!) e lanciano il Ferrante Tour. Un percorso smart e poco convenzionale, attraverso i Luoghi geniali della fiction. Il giro letterario a bordo del “Biblio Bus” prevede visite a luoghi inediti: in contrasto stridente lo squallore del rione Luzzati con la Napoli patinata. E per una full immersion la guida legge le pagine più emozionanti della saga generazionale/corale.

Più geniale di così!

instagram januaria_piromallo

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