Camera dei deputati, il disegno di legge anticorruzione è, almeno qui, a fine corsa. Prima, però, come di consueto, sono previste le dichiarazioni di voto di ciascun gruppo parlamentare. Per il gruppo misto Noi con l’Italia-Usei prende la parola l’onorevole Eugenio Sangregorio. “È… è un…”, balbetta, si interrompe, prova a riprendere ma non c’è niente da fare, finché la presidente di turno, Maria Edera Spadoni, arriva in suo soccorso: “Collega, vuole un po’ d’acqua?”. “Il problema è che è la mia prima volta, sono un po’ emozionato” si giustifica il deputato più anziano dellla XVIII legislatura, classe ’39, emigrato in Argentina a 18 anni.

In quel momento stavo ascoltando la diretta dall’Aula. E, immediatamente, mi si è stretto il cuore per quell’uomo, teso, in difficoltà, che in cinque minuti d’intervento è riuscito a fatica a leggere quattro righe da un foglio. Il meccanismo che è scattato – e che scommetto sia scattato al 99,9% delle persone che hanno assistito alla scena – è noto. Si chiama empatia, ed è quella sorta di vicinanza umana, metafisica, che ci fa sperare che a chi interviene da un palco (a meno che non si abbia un valido motivo, seppur soggettivo, di volergli male) fili tutto liscio; o che, per esempio, ci fa “tifare” per la squadra di bassa classifica quando si scontra con i primi della classe.

Poi, da giornalista, mi sono chiesto: ma è normale che un deputato della Repubblica, che nella propria circoscrizione ha ottenuto quasi 36mila preferenze (bravo lui, davvero), che tra stipendio, diaria e rimborsi guadagna circa 12mila euro al mese, non riesca a parlare in Aula? No, non lo è. E non lo è per una serie di ragioni.

La prima: Sangregorio rappresenta gli elettori della circoscrizione “Estero B”, quelli dell’America Meridionale. E li rappresenta tutti col dovere, se vogliamo credere che il Parlamento sia ancora il luogo, per eccellenza, in cui si esercita la nostra vita democratica, di portare i loro interessi. Detto prosaicamente: se vivessi in Argentina e avessi visto l’intervento del fondatore dell’Unione sudamericana emigrati italiani, avrei tutto il diritto a essere incazzato.

Secondo punto: tra i compiti richiesti a un parlamentare – e, di conseguenza, tra le competenze – c’è quello di parlare in Aula. Non sto dicendo che debba essere un formidabile comunicatore, per carità. È sufficiente, dico, che sappia prendere parola e portare a termine un discorso senza che i suoi limiti, qualsiasi essi siano, minino il risultato di quanto ha inteso comunicare. L’atto perlocutorio, per scomodare John Austin.

Obiezione, vostro onore: a me non interessa che un deputato comunichi in Parlamento; a me interessa che lavori, proponga leggi ecc.ecc. Benissimo, e allora andiamo a verificare: Sangregorio, dal 23 marzo 2018 al luglio scorso (unici dati disponibili finora sul sito della Camera), ha partecipato al 35,47% delle votazioni (assente giustificato nel 2,36% dei casi) ed è stato cofirmatario di cinque proposte di leggi.

Umanamente, sono vicino a Sangregorio e al suo piccolo inciampo (peraltro la paura di parlare in pubblico, assai diffusa tra le persone, non mi lascia indifferente). Tuttavia, dal punto di vista professionale – e da cittadino – mi permetto di criticarlo.

P.S. Mi è stato fatto notare, da amici-lavoratori, che se a un colloquio di lavoro ti manca una delle competenze richieste, semplicemente vieni scartato. Ma visto che qui non stiamo parlando di un’azienda privata, dico: viva l’uomo-Sangregorio, che ha mostrato un po’ di fragilità tra banchi frequentati, in genere, da squali. Ma attenzione, politico-Sangregorio, perché aspettiamo il tuo prossimo intervento.

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