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Brexit, si può ancora tornare indietro? Adesso il Parlamento può chiederlo all’Europa

Brexit, si può ancora tornare indietro? Adesso il Parlamento può chiederlo all’Europa
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Il ministero per la Brexit (Department for Exiting the European Union) non è riuscito nell’intento di bloccare l’udienza che si terrà il 27 novembre alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Il ministro del governo May aveva chiesto alla Corte suprema del Regno Unito il permesso di appellarsi contro la decisione di un tribunale scozzese che aveva ritenuto necessario richiedere preliminarmente una pronuncia della Corte europea. Un gruppo di parlamentari si era infatti rivolto al tribunale per sapere se, quando e come la notifica di recesso dall’Ue, secondo l’articolo 50 del trattato Ue, potesse essere revocata unilateralmente. Il tribunale, ai fini del decidere, aveva posto una questione pregiudiziale alla Cgue: “Nel caso uno Stato membro abbia notificato al Consiglio europeo, secondo l’articolo 50 del Trattato sull’Ue, la sua intenzione di recedere dall’Ue, la legge europea permette che quella notifica venga ritirata unilateralmente dallo Stato membro che l’ha presentata; e, in caso affermativo, a quali condizioni e con quale effetto relativamente allo Stato membro che resta nell’Unione europea”?

La risposta a questo interrogativo è essenziale per capire quante opzioni saranno disponibili al momento del voto del Parlamento britannico sull’Accordo di recesso dall’Unione europea. Accordo, nessun accordo o anche revoca della notifica secondo l’articolo 50? Il Governo preferirebbe limitare la scelta alle prime due possibilità, sapendo che la prospettiva di restare senza nessun accordo indurrebbe molti a votare l’accordo concluso dalla signora May, pur senza condividerne i termini. Molto potrebbe cambiare, invece, se fosse possibile la revoca unilaterale, non molto onorevole, ma valida alternativa al temuto “no deal“. La Corte Suprema nelle persone della presidente, Lady Hale, e dei due giudici scozzesi della Corte – trattandosi di un appello relativo a un tribunale scozzese – ha rigettato oggi la richiesta del ministro di poter proporre appello e l’ha motivata spiegando che l’unico presupposto in base al quale si può accogliere una proposta di appello si ha nel caso di una decisione che rappresenta, in un procedimento, il giudizio definitivo.

La decisione del tribunale scozzese non è un giudizio definitivo come sostenuto dal ministro: infatti la presentazione di una questione pregiudiziale alla Cgue non costituisce in se stessa una decisione in merito all’oggetto del procedimento. Quella verrà dopo e sarà compito del tribunale nazionale. La possibilità di presentare una questione pregiudiziale è prevista proprio per consentire al tribunale nazionale di raccogliere tutti gli elementi utili prima di decidere e la pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia costituisce solo uno dei momenti nel corso del procedimento che si svolge davanti al tribunale nazionale. Sarà quindi la Court of Session scozzese a emettere il suo giudizio, non solo alla luce della pronuncia pregiudiziale della Cgue, ma anche di tutti i fatti e di tutte le leggi nazionali rilevanti. Solo allora si potrà parlare di giudizio definitivo.

I chiarimenti della Corte europea sull’articolo 50 potrebbero finalmente risolvere la questione della revocabilità o non revocabilità della notifica, su cui circolano sia tra i giuristi che tra i politici opinioni divergenti. Sia gli argomenti pro che quelli contro sono degni di interesse e pongono questioni rilevanti per tutti i cittadini dell’Unione europea. Ben venga quindi il parere della Corte, soprattutto se i giudici potranno ragionare senza condizionamenti politici esterni.

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