Se un alimento non è sicuro da mangiare, è meglio scoprirlo prima di ingerirlo. Sembra un’ovvietà, in realtà capita di assaggiare cibo non proprio “in salute”, magari perché non è scaduto, ma è avariato a causa di una cattiva conservazione. Nella grande distribuzione si potrebbero condurre controlli decisamente più efficaci per questo tipo di problema. Una recente ricerca del Massachusetts Institute of Technology propone di sfruttare i sistemi RFID già presenti sulle confezioni dei prodotti.

Sono quelle piccole etichette adesive quadrate, che vengono sempre più usate per identificare i prodotti, al posto del codice a barre. All’interno c’è una piccola antenna, che riceve un segnale radio a una certa frequenza, e ne emette uno leggermente differente. I ricercatori del MIT hanno scoperto che questo segnale radio ha un profilo che cambia a seconda della consistenza dell’oggetto o del composto che attraversa, più o meno come accade alla luce. In altre parole, il segnale radio di una bottiglia vuota ha un profilo diverso rispetto a quello di una bottiglia piena. Una differenza simile si nota quando il segnale attraversa un prodotto integro, oppure lo stesso prodotto, ma contaminato da altre sostanze o batteri.

I ricercatori hanno raccolto i profili di partenza di ciascun prodotto in perfetto stato di conservazione e li hanno “dati in pasto” a un’Intelligenza Artificiale. Il computer è stato in grado di rilevare le differenze. Non è un metodo sofisticato, di certo non quanto uno spettroscopio. Ma è quanto basta per dedurre che qualcosa è cambiato all’interno della confezione, il che di solito non è una buona notizia. Soprattutto, questo sistema sfrutta qualcosa che c’è già su ogni confezione (le etichette RFID appunto), quindi sarebbe più facile da applicare rispetto ad altre soluzioni.

Per ora siamo alla fase di test: l’Intelligenza Artificiale “conosce” pochi prodotti, solo alla fine della procedura di addestramento si potranno coprire tutti quelli esistenti. C’è del lavoro da fare anche su altri fronti, per primo la gestione di eventuali interferenze radio attive nell’ambiente. Pensiamo alle frequenze generate dagli smartphone, dalle radio e dalla rete Wi-Fi.

Nonostante questo, la soluzione sembra promettente. Che ve ne pare?

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