Tutti i lavoratori sono uguali. Ma quelli pubblici sono più uguali degli altri. La storia dell’ex legale del Comune di Perugia Mario Cartasegna, raccontata oggi dal Corriere della Sera, spiega perché. Il legale, andato in pensione nel 2008, percepiva una pensione di 651mila euro lordi l’anno. In pratica, 20mila euro al mese. Perché tanti soldi? Perché il dipendente pubblico – che durante gli anni al Comune di Perugia godeva anche “di un bonus supplementare allo stipendio per ogni causa vinta” – per la pensione voleva anche vantare un secondo “‘benefit spropositato’: il diritto a calcolare ai fini della pensione anche quelle percentuali sulle cause vinte“.

E a suon di ricorsi ce la fa, senza che l’Inpdap voglia fare appello. Quindi quando va in pensione nel 2008, “Cartasegna ha accumulato tante ma tante di quelle cause da moltiplicare i suoi guadagni medi da 200mila a oltre un milione di euro. La cifra più alta mai presa al mondo da un dipendente comunale“. Nel 2013 il vitalizio sale quindi a 651mila euro poi nel 2015 l’Inps interviene e chiede la restituzione di 3,7 milioni e riduce il vitalizio a 5300 euro lordi al mese. L’avvocato non si arrende e da lì innesca una serie di ricorsi.

In primo grado la Corte dei conti aveva dichiarato legittimo l’intervento dell’Inps. Ma la Sezione prima di appello della magistratura contabile pochi giorni fa ribalta tutto: nel nuovo provvedimento si spiega però che la revisione andava richiesta entro tre anni ed erano quindi scaduti nel 2016 i limiti di tempo. Perché, come dicevamo, Cartasegna è andato in pensione nel 2008.

“Si tratta – ha detto alla Nazione Umbria il suo legale, Alarico Mariani Marini – di una sentenza lineare, che ha accolto una delle tesi che noi avevamo prospettato, visto che avevamo proprio eccepito che erano scaduti i termini per presentare ricorso da parte dell’Inps“. E oggi la pensione di Cartasegna tiene conto di quanto dovuto in base al suo normale stipendio per l’Avvocatura e delle cifre percepite per le cause vinte: l’avvocato è tornato ai “suoi” 651mila euro di pensioni annui.

Quindi la differenza di trattamento è tra dipendenti pubblici e privati: per i primi “l’Inps avrebbe dovuto ricorrere contro quella pensione deluxe – scrive il Corriere – al massimo entro tre anni”. Per il dipendente privato, invece, la prescrizione non c’è. E l’Inps, a lui, può chiedere senza limiti di tempo di restituire eventuali somme “indebitamente percepite”.

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