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Stefano Cucchi, due tendenze insopportabili nel dibattito sul caso

Stefano Cucchi, due tendenze insopportabili nel dibattito sul caso
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Come i miei 25 lettori avranno notato, da un po’ di tempo sono assente da questo blog e, se qualcuno ha sentito la mancanza, me ne scuso. Sono all’estero e fatico a seguire le vicende italiane. Rientrato per qualche giorno, però, sono rimasto colpito da alcuni aspetti che la comunicazione giornalistica ha sviluppato attorno al caso Cucchi e alle sue più recenti, inattese evoluzioni.

Ci sono in particolare due tendenze, nel dibattito sul tema, che trovo insopportabili e deleterie.

La prima è la tendenza che chiamerei generalizzatrice. È quella che cerca di fare di ogni erba un fascio, proclamando i meriti della libera informazione che ha tenuto vivo il dubbio, il sospetto sulle menzogne degli organi dello Stato. Ma per favore non mescoliamo le carte: c’è stata in questi lunghi nove anni informazione e informazione, televisione e televisione. Ci sono stati giornali e programmi che hanno fatto inchieste, sollevato dubbi, ospitato le denunce della famiglia e altri giornali e programmi che non se ne sono curati per nulla, che hanno dimenticato, nascosto, minimizzato, persino ironizzato, preferendo concentrare la loro attenzione su altri temi come il pericolo immigrazione.

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Sempre su questa pericolosa linea di furbesca generalizzazione si muovono quelli come Mattia Feltri che nei suoi corsivetti distribuisce le responsabilità a pioggia: “siamo tutti un po’ responsabili”. Tutti, un corno! C’è chi ha sbagliato, chi ha commesso crimini, chi ha protetto i criminali, che ha cercato di insabbiare e chi non c’entra nulla con gli orrori civili di questa brutta storia. Ha fatto benissimo Il Fatto Quotidiano di sabato scorso a costruire una mappa degli ambiti e dei poteri che si sono intrecciati con questa tragedia, con nomi e cognomi, ruoli e carriere di coloro che questi poteri e relative responsabilità non hanno usato o hanno usato male, molto male. Questo è fare informazione, le altre sono chiacchiere.

Poi c’è l’altra tendenza, non meno pericolosa, quella che sposta tutto il dibattito sulla necessità di chiedere scusa da parte di coloro che hanno attaccato Ilaria Cucchi e la sua famiglia durante la loro battaglia per ripristinare la verità. Pericolosa perché riduce tutto il problema e la società che lo contiene a un asilo infantile dove oggi Francesco dà uno spintone a Giulia, ma domani le chiede scusa e tornano amici, tutto è finito. Invece non è finito niente, perché le scuse non cancellano il grave atto di chi ha insultato una cittadina e anche la propria funzione pubblica di servitore dello Stato, perché chi non ha senso della misura e del proprio ruolo è pronto a ricominciare alla prossima occasione, per poi chiedere di nuovo scusa.

Per certi personaggi vale paradossalmente davvero quello che in questi giorni sostiene Giovanardi: non è il caso di chiedere scusa. No! Visto il livello infimo di certe dichiarazioni oggi smentite dai fatti, non è il caso di chiedere scusa cercando così di fare ancora bella figura, è solo il caso andare a nascondersi e restarci più a lungo possibile.

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