Due italiani sono tra gli undici ricercatori emergenti che “stanno lasciando il segno” e hanno “il mondo ai loro piedi”. Silvia Marchesan, dell’Università di Trieste, e Giorgio Vacchiano, della Statale di Milano, sono stati inseriti rispettivamente alla sesta e all’undicesima posizione dalla prestigiosa rivista scientifica britannica Nature. I due sono stati scelti tra una lista finale di 500 colleghi che nei loro ambiti di ricerca, dagli studi sulle rinnovabili a alla ricerca sul cancro, fino ai cambiamenti climatici, stanno cambiando il modo di fare ricerca.

La rivista scientifica ha stilato la sua classifica attingendo da una lista più ampia. Requisiti per essere presi inconsiderazione: aver pubblicato almeno un articolo nelle 82 riviste del Nature Index, che traccia le affiliazioni di articoli scientifici di alta qualità, nel 2017 e il cui primo documento scientifico è apparso meno di 20 anni fa. I primi tre selezionati sono stati Dane deQuilettes, del Massachusetts Institute of Technology, per i suoi studi su come ridurre il costo dell’energia solare con la perovskite, Sarah Garfinkel, dell’università del Sussex, per il suo lavoro su come il corpo muove la mente, e Binghui Ge, dell’Accademia cinese delle scienze, per il suo lavoro sulla microscopia a elettroni.

Nel caso della sesta classificata, Silvia Marchesan, professoressa associata del dipartimento di Chimica organica all’università di Trieste, la ricerca si concentra invece sullo sviluppo di un idrogel, poco costoso ed efficace, di proteine che si auto-assemblano, utile per riparare i tessuti del corpo e rilasciare farmaci.

Giorgio Vacchiano, inserito da Nature all’undicesima posizione, ricercatore del Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali della Statale di Milano, diretto dal professor Osvaldo Failla, con i suoi studi ha aperto la strada alluso dei modelli matematici per la gestione forestale, e ora si sta concentrando su come ottimizzare la gestione delle foreste per mitigare i cambiamenti climatici.

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