L’emendamento del Pd sugli indennizzi ai licenziati resiste anche senza il volere del Pd. La proposta di modifica che cancella l’articolo 3 del decreto Dignità – che il segretario Maurizio Martina ha chiesto di “superare” (cioè ritirare) in realtà andrà in discussione. Ma non è il Pd che l’ha segnalato, precisa la capogruppo in commissione Lavoro Debora Serracchiani: “Si tratta di un richiamo tecnico perché altri partiti ne hanno segnalato di uguali ma non è tra quelli che il Pd intende discutere” spiega l’ex governatrice. “Noi vogliamo che si percepisca di più”, precisa Serracchiani, aumentando le indennità di conciliazione.

L’emendamento è tra quelli segnalati dai partiti, circa 300, sui quali si esprimeranno con il voto le commissioni Lavoro e Finanze della Camera. La proposta, a firma Lepri e Serracchiani, chiede di “sopprimere” l’intero articolo 3 del decreto. Ieri la direzione nazionale del Pd si era conclusa con l’annuncio di una mediazione da parte del segretario Maurizio Martina. D’altra parte, come ha ricordato più volte in questi giorni Cesare Damiano – ex ministro del Lavoro, non rieletto in Parlamento, che si è messo a capo delle critiche interne – il Pd aveva già votato l’aumento delle mensilità ai licenziati ingiustamente da 24 a 36 mesi, una misura “fotocopia” a quella contenuta al decreto Dignità. Ieri a criticare l’emendamento erano stati anche Gianni Cuperlo, Andrea Orlando, Francesco Boccia. Tra i difensori dell’emendamento Luigi Marattin, ex consigliere economico di Palazzo Chigi: “Questo decreto scoraggia le assunzioni, da una parte ostacola il contratto a tempo determinato, dall’altra scoraggia il tempo indeterminato aumentando le indennità per i licenziamenti. La nostra proposta complessiva è opposta: abbassiamo il costo del lavoro stabile e poi possiamo anche aumentare le indennità di licenziamento”. Obietta Damiano: “Dobbiamo parlare chiaro e dire da che parte stiamo. Se come dice Martina il nostro obiettivo è privilegiare il contratto a tempo indeterminato e alzare le tutele, allora non possiamo contemporaneamente presentare un emendamento che dice il contrario”.

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