Può darsi che Tito Boeri, presidente Inps, viva su Marte. Come ha sprezzantemente sibilato Matteo Salvini, a seguito di certe dichiarazioni fuori del mainstream terroristico sui migranti. Di certo il ministro leghista vive in un Bronx tutto suo. Un inferno mentale di risentimenti e proclami minacciosi, edificato in anni di deliri da film di paura; intrappolandolo in una situazione che – magari – assicura quei voti virtuali (registrati dai sondaggi) con cui opera il sorpasso sull’uomo che ride Luigi Di Maio (ma che ha da ridere? L’essere stato platealmente preso in ostaggio dal partner di governo lo diverte così tanto?), mentre in prospettiva può rivelarsi una doppia batosta. Per il ministro esternatore a raffica, che si vedrà recapitare – nell’Italia considerata una pattumiera – masse di immigrati, rispediti al mittente proprio dai Paesi con cui sta facendo lingua in bocca; per il Bel Paese (?), obnubilato da decenni di demagogia terroristica sulle invasioni afro/asiatiche, che continuerà a incartapecorire/incarognire nel suo inarrestabile invecchiamento per insufficienti trasfusioni di sangue giovane.

Un’evidenza negata per principio, nonostante i dati forniti da Boeri e le lezioni di buon senso di Mattarella dai Paesi baltici. Nell’inestirpabile logica paranoicamente suicida del capro espiatorio, individuato in chi abbiamo sotto gli occhi. Con tutto il bagaglio di slogan a giaculatoria: “ci portano via il lavoro”, “pensiamo ai nostri giovani costretti a espatriare per un impiego”. Solo balle: i ragazzi che vanno all’estero cercano occupazioni di alto profilo, a misura delle loro aspirazioni e dei loro studi, che la de-industrializzazione italiana non sa creare (e quanto lavoro qualitativo può nascere da un sistema d’impresa in cui la maggioranza delle aziende ha un organigramma di tre dipendenti?); gli extracomunitari che assumiamo vanno a coprire posizioni che ormai i nostri concittadini rifiutano.

Difatti sarebbe meglio prendersela con i responsabili delle non-politiche del lavoro negli ultimi decenni, spesi a demonizzare qualche articolo 18 per consentire ai capi d’azienda il solo schema di governance alla loro portata: bastone e carota.

Così, tra le tracotanze distruttive salviniane e le condiscendenze corrive pentastellari (in preda al timore di essere espulsi dal governo: alla faccia dei presunti giustizieri della Casta, di cui non si sa nemmeno toccare i vitalizi senza fare pasticci contabili: in base alla mannaia di Fico la paghetta mensile di Fausto Bertinotti passerebbe da 8 a 10mila euro; quella di Ciriaco De Mita da 10 a 12mila), ormai possiamo dire qualcosa sul nuovo che avanza, almeno a livello del profilo culturale.

Il tratto più evidente di questi nuovi governanti non è l’incompetenza o la visione padronale della cosa pubblica, trasformata in terra di conquista da asservire e saccheggiare (dall’occupazione degli organigrammi alle operazioni finanziarie “spregiudicate” che ora la magistratura mette nel mirino). Né più né meno di chi li aveva preceduti. L’aspetto originale è la faciloneria e l’incultura di chi ha come unico metro il rastrellamento dei consensi arando gli orientamenti elettorali più beceri. Come sta avvenendo per la questione vaccini, in attesa della prossima epidemia di morbillo. Puro oscurantismo per blandire superstiziosità pre-moderne; l’imbarazzante visione magica del mondo, con i suoi curanderos, sciamani e guaritori vari.

Mentalità retroversa, mixata nel suo “prima gli italiani” con il provincialismo ignorante per vellicare un target che anni di propaganda anti-culturale hanno regredito all’analfabetismo e legittimato nel bullismo. L’esibizionismo xenofobo e ignorante, per cui il tandem Comune di Genova e Regione Liguria, dopo aver impestato i borghi storici di red carpet da sfigati, che dovrebbero sentirsi star di Hollywood, e riempito il cielo sopra la città di Euroflora con ombrellini colorati secondo estetiche da villaggio vacanze, ora varano divieti per locali etnici nel centro cittadino. In una campagna contro il kebab che smaschera questi improvvisati vigilantes del First Italian Food che non hanno mai superato i confini domestici. Altrimenti saprebbero che quella marocchina è una delle grandi tradizioni gastronomiche mondiali. E che le principali città turistiche europee offrono ventagli di scelte alimentari estremamente vasti. Non solo menù da itinerari campanilistici strapaesani: cassoeula bergamasca, bagnun ligure e spaghetti con la pommarola.

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