Saranno soprattutto i flussi migratori a determinare l’andamento della spesa italiana per le pensioni nel medio e lungo periodo. Se gli arrivi diminuiranno, salirà l’incidenza di quella voce sul pil. A fare i calcoli, arrivando a risultati simili a quelli contenuti nell’ultimo Documento di economia e finanza, è stato l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’organismo indipendente che svolge analisi e verifiche sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica. L’Upb, nel focus ‘Le proiezioni di medio-lungo periodo della spesa pensionistica’, ha messo a confronto le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato, del Fondo monetario internazionale e del Working group on ageing populations and sustainability (Awg) dell’Ecofin.

Dai tre studi emergono risultati differenti, causati dalle divergenze “talora anche in misura marcata”, delle ipotesi demografiche. L’incidenza più alta stimata da Fmi e Ue rispetto alle proiezioni della Ragioneria generale dello Stato dipende non tanto “da riflessi delle riforme pensionistiche passate – che al contrario miravano a migliorarne la sostenibilità – ma piuttosto da una maggiore persistenza degli effetti della crisi macroeconomica in termini di bassa produttività e da un peggioramento del quadro demografico riconducibile ai minori flussi migratori netti“, si legge nel focus in cui vengono analizzati i risultati delle tre diverse proiezioni diffuse tra fine 2017 e inizio 2018.

Nel 2040, anno del picco, i tre studi stimano la spesa sul pil rispettivamente al 16,2% (Rgs) al 18,4% (Awg) e 20,5% (Fmi). E nelle proiezioni, osserva l’ufficio presieduto da Giuseppe Pisauro, “divergono, talvolta anche in misura marcata le ipotesi demografiche ed economiche”. Per quanto riguarda le ipotesi demografiche, in tutti e tre gli esercizi si osserva un rapido processo di invecchiamento della popolazione italiana (l’indice di dipendenza degli anziani passerebbe dall’attuale 33,7 per cento a oltre il 60 per cento nel 2070), mitigato solo in parte dai movimenti migratori. È proprio nella stima di questa variabile che si riscontrano le differenze demografiche più rilevanti tra le tre proiezioni. Le proiezioni Awg prevedono infatti sino al 2065 un flusso migratorio medio annuo pari a circa 170mila unità, mentre per quelle del Fmi il valore scende a circa 85mila unità.

Le ipotesi economiche differiscono principalmente per quanto riguarda il tasso di occupazione e la dinamica della produttività. In questo campo le ipotesi più ottimistiche sono quelle nell’esercizio nazionale che vede il tasso di occupazione superare il 66 per cento a partire dal 2040 e il tasso di crescita della produttività permanere sopra l’1,5 per cento successivamente al 2025. Le più pessimistiche sono quelle del Fmi secondo il quale il tasso di occupazione rimane stabilmente al di sotto del 60 per cento e la crescita della produttività si stabilizza nel lungo periodo all’1,3 per cento.

In ogni caso “tutti e tre gli esercizi di proiezione presentano un andamento dell’incidenza della spesa per pensioni su pil che, nel medio e lungo periodo, ha caratteristiche di fondo comuni: il rapporto evidenzia dapprima una fase di crescita, che culmina intorno al 2040, e poi una fase di declino”.

Differenti, e anche in misura marcata, ribadisce l’Upb, sono però i livelli raggiunti in corrispondenza del picco e i valori di uscita nel lunghissimo periodo. Per l’esercizio nazionale l’incidenza della spesa sul pil, dopo una lieve riduzione, raggiungerebbe un picco del 16,2 per cento nel 2040, per poi diminuire progressivamente sino al 13,1 per cento nel 2070. L’esercizio Awg nei primi anni dà risultati non molto dissimili da quello nazionale: successivamente però la spesa pensionistica presenta una dinamica più marcata che la conduce a un picco del 18,4 per cento del Pil nel 2040, dopo di che si riduce con continuità sino al 13,8 per cento nel 2070. Infine, l’esercizio Fmi si contraddistingue per proiezioni della spesa pensionistica sul Pil sempre superiori lungo tutto l’orizzonte in esame. Queste raggiungono il 20,5 per cento nel 2040, per poi scendere al di sotto del 16 per cento nel 2070.

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