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Caso Gurtel, la tangentopoli spagnola che condanna il partito di Rajoy

Caso Gurtel, la tangentopoli spagnola che condanna il partito di Rajoy
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Negli ultimi decenni abbiamo scoperto che gli Stati possono fallire, come le imprese, per default. I partiti politici, invece, falliscono per corruzione, in una sorta di deflagrazione interna che travolge apparati e, con essi, talvolta ideologie e pezzi di storia. È accaduto in Italia nel 1992, data che segna lo spartiacque tra prima e seconda repubblica, potrebbe ripetersi ai giorni nostri in Spagna. Una corposa sentenza di ben mille 687 pagine è destinata a fare letteratura, una descrizione analitica di fatti e trame che svelano un articolato sistema di corruzione.

È il caso Gürtel, la tangentopoli spagnola, con al centro il Partido popular, la formazione conservatrice perno di un sistema in cui – secondo i giudici della Audiencia nacional, il tribunale che ha emesso la sentenza – si intrecciano tangenti per aggiudicazione di appalti, traffici di influenze, malversazioni, reati fiscali, riciclaggio e finanziamenti illeciti. Una tangentopoli che presenta un’aggravante rispetto al sistema italiano scoperchiato dal pool della procura di Milano: accanto alle pesanti condanne per i 29 imputati – tra essi l’ex tesoriere del partito Luis Bárcenas punito con 33 anni di carcere -, i tre giudici del tribunale madrileno hanno condannato lo stesso partito del premier Mariano Rajoy. Si è ritenuto provato che la formazione ha incassato oltre 110 mila euro per le elezioni municipali del 2003 a Pozuelo de Alarcón (agglomerato industriale alle porte di Madrid) e 133mila 628 euro per la campagna di Majadahonda, situata nella stessa comunità autonoma (i due comuni erano costituiti parte civile, insieme all’Agenzia tributaria).

A pagare non saranno le sezioni periferiche o i gruppi consiliari locali bensì il partito centrale come persona giuridica: “I fatti hanno prodotto un finanziamento illegale di attività e azioni politiche poste in essere nelle campagne e precampagne elettorali per i suoi candidati”, si legge in un passaggio della sentenza, null’altro che un fondo occulto che la stampa iberica definisce la “caja b” del partito.

È solo il primo tassello, il processo appena conclusosi – nato da un’indagine condotta dall’allora pubblico ministero Baltasar Garzón – è lo stralcio denominato Epoca I, 1999-2005. Altri processi pendono come una spada di Damocle sulla testa del partito di governo, ora in caduta libera nelle intenzioni voto; secondo l’istituto Metroscopia i conservatori sono sotto la soglia del 20%, passando dal primo al terzo posto, staccato dalle formazioni emergenti, la centrista Ciudadanos e il movimento di sinistra radicale Podemos.

Il partito conservatore è sotto assedio, caduto nel mezzo del guado proprio ora che lo scenario politico si presenta quantomai incerto, con la crisi istituzionale catalana irrisolta a dominare il dibattito sull’assetto dello stato e sulle riforme. E tutto lascia presagire che nelle classifiche di Transparency international – ente no profit che monitora la percezione della corruzione a livello internazionale – la Spagna sia destinata a peggiorare la sua classifica. Oggi il Paese iberico è 42°, distante da Paesi virtuosi come Germania (12°) o Francia (23°), domani potrebbe fare triste compagnia all’Italia (collocata al 54° posto), scivolando così nella posizione di coda tra i Paesi occidentali.

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