Quello delle disuguaglianze nel paese è un tema da cui il dibattito politico e l’agenda di governo non possono prescindere.
I dati del Rapporto Annuale Istat 2018 e l’esito delle ultime elezioni confermano che le politiche seguite nel Paese negli ultimi quindici anni hanno creato (o evidenziato) solchi nell’elettorato e nelle nostre condizioni economiche. Dalla questione dei divari in Italia non si può prescindere, a meno che non si intenda perpetuare il loro accrescimento. Che, lo ricordiamo, è stato la costante degli anni che ci lasciamo alle spalle, compresi quelli in cui la Lega ha governato al fianco di Berlusconi, fino agli anni della crisi, giù fino ai numeri del 2014: annus horribilis.
Una cosa su cui dovremmo essere tutti concordi: non si può prescindere dalla Costituzione. Ebbene, proprio la nostra legge fondamentale esigerebbe il rispetto di quanto previsto dal riformato Titolo V. Intendo ricordare che la riforma federalista ha introdotto il concetto di Lep (Livelli essenziali delle prestazioni art. 117), ancora in larga misura estraneo alle reali condizioni dei cittadini italiani. Bene: mi auguro che il M5S, visti i milioni di suffragi presi al Sud, stia spingendo vigorosamente (e semplicemente) per una attuazione di quanto previsto dalla nostra Costituzione. Non ci vuole molta inventiva, ma solo il coraggio di attuare quanto già previsto nella Costituzione, vero e unico manifesto programmatico a cui fare riferimento.
Quanto all’Europa, la retorica anti-Ue ha francamente stancato. Non oso immaginare un ritorno indietro rispetto ai pochi (sacrosanti) passi in avanti verso l’integrazione europea: l’unico successo culturale e politico degli ultimi decenni, a ben pensarci.
Piuttosto, l’Italia avrebbe bisogno di un governo autorevole, capace di pretendere la giusta flessibilità sugli investimenti in materia, ad esempio, di formazione e innovazione. Quelli capaci di mettere in moto la ripresa, per intenderci. La stessa flessibilità che, spiega Andrea Del Monaco in Sud colonia tedesca (ediesse) abbiamo avuto per i 58 miliardi di euro già messi sul tavolo dall’Italia per salvare le economie di altri paesi. Se è deficit virtuoso quello, allora può esserlo a buon diritto anche quello necessario per le infrastrutture, anche digitali, o la smart grid. Questo va fatto, invece di lasciarsi scippare i fondi europei sul Sud senza colpo ferire.
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