E’ Pasqua. Il bar gestito da una coppia rumena è aperto. C’è la fila alla cassa. In coda due boss conosciuti nel rione: sono i Casamonica. Nella periferia sud di Roma spadroneggiano, terrorizzano, impongono e dispongono. La fila è più lunga del previsto e alla cassa non si curano di mantenere il riguardo che si deve a un boss: fargli saltare la coda. Alla loro rimostranza replica una ragazza: se non vi sta bene di attendere il turno andate altrove. La misura è colma. Nel racconto che Floriana Bulfon fa oggi su Repubblica la giovane donna, disabile, è l’unica ad aver opposto resistenza al sopruso. I presenti, tutti abili, muti e terrorizzati. Lei invece no. Pagherà con le frustate, perché i boss non perdonano. Ma pure la cinghia di cuoio e le altre botte che riceve e che la manderanno all’ospedale, insieme al titolare del bar, non la fermano. I Casamonica impongono il silenzio sui fatti, altrimenti altre botte. Invece denunciano alla polizia ogni cosa. Nel disordine di un mondo capovolto fa scandalo e notizia tutta questa dignità mostrata. E fa meraviglia la resistenza al sopruso.

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