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Cambridge Analytica, Facebook è la risposta

Cambridge Analytica, Facebook è la risposta
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di Andrea Rui

E qual’è la domanda?

Spesso tengo interventi nelle scuole sulle buone prassi da tenere nei propri comportamenti in rete e sull’importanza di prestare attenzione a ciò che si divulga di sé stessi (per non parlare di ciò che raccontiamo degli altri, spesso senza averne l’autorizzazione). E sempre chiedo quanto ciascuno presti attenzione alle informazioni che divulga. La risposta che mi viene praticamente sempre fornita da allievi, docenti e genitori è: “Ma cosa volete che se ne facciano dei miei dati?”.

La risposta di oggi è: Facebook.

Lo scandalo Cambridge Analytica di questi giorni ha portato alla luce un fatto noto da anni, che per pigrizia tutti hanno spazzato sotto al tappeto (che naturalmente si estende anche agli altri big dell’informazione: Google, Yahoo, etc.). Facebook ha una capitalizzazione di circa 500 miliardi di dollari e circa due miliardi di utenti attivi. Una semplice divisione da seconda elementare ci porta ad un semplice risultato: ogni utente di Facebook vale per essa più di 250 dollari.

E visto che non si paga alcun canone per il servizio offerto, la conclusione è quella di sempre: l’utente è il prodotto da vendere.

Approfittando dei dati acquisiti da Facebook, Cambridge Analytica ha profilato milioni di persone, ove per ciascuna ha raccolto qualcosa come migliaia di diverse informazioni caratteristiche; per farlo ha utilizzato anche delle belle app, quelle a cui non sappiamo più rinunciare, riuscendo a profilare ancora più approfonditamente gli utenti. Non parliamo quindi soltanto del nome, cognome e della data di nascita: parliamo invece di informazioni che attengono profondamente alla nostra sfera intima, psicologica, dei nostri gusti, interessi ed opinioni.

La risposta che riceviamo oggi è assolutamente esplicita: i nostri dati servono per essere controllati, e perché altri decidano al posto nostro, facendoci credere di agire in piena libertà.
Grazie ad esse programmi appositamente progettati possono proporci notizie, post, tweet, etc. presentandoci la faccia della medaglia che vogliamo vedere, nascondendoci l’altra, in modo da non farci percepire la realtà per come è, ma per come fa comodo che noi la si percepisca.

Qualcuno non ha ancora capito come mai Facebook si sia comperata anche WhatsApp? E un’ultima domanda: sapete spiegarvi come mai oggi Google abbia una capitalizzazione doppia della Exxon, pur non ‘producendo’ nulla?

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