Una cosa che insegno ai miei studenti e alle mie studentesse è quella di non chiamare l’otto marzo con l’epiteto, abbastanza ingiurioso, di “festa della donna. Non perché appartenere al sesso femminile sia qualcosa che non possa essere di per sé festeggiato, ma perché si tradisce il senso – politico, prima di ogni altra cosa – della Giornata internazionale della donna.

La riduzione a “festa” è dicitura, nonché strategia, che ha trovato il potere patriarcale per tentare di trasformare un momento di riflessione in “ora d’aria” da concedere una volta l’anno: ricordo, a tal proposito e con una certa amarezza, un’amica di famiglia il cui marito – siciliano vecchio stampo, di quelli che batteva i pugni a tavola e le cui scelte erano indiscutibili – le “concedeva” di andare con le amiche a mangiare la pizza e di vedere uno spettacolo di spogliarellisti. Il termine “festa” si configura, quindi, come un abuso. Non solo linguistico.

E a proposito di abusi: questo tema è stato al centro delle cronache per molte settimane, nei mesi passati, grazie alla denuncia di Asia Argento contro Harvey Weinstein. Il caso sollevato ha portato migliaia di donne a segnalare prepotenze e prevaricazioni da parte di datori di lavoro, colleghi, parenti, ecc. È nato un hashtag, #quellavoltache, poi seguito a livello mondiale da #metoo, che è stato al centro di una campagna di denuncia ideata dalla scrittrice Giulia Blasi e promosso da due siti: Gaypost.it e Pasionaria.it.

I due siti hanno perciò raccolto le dichiarazioni di chi, tra le altre, si è detta ricattata sul posto di lavoro o di chi ha subito violenza in famiglia. Quelle storie sono state quindi messe insieme in un libro che esce proprio nella giornata di oggi: l’8 marzo, per il Manifestolibri. Come si può leggere sul comunicato stampa di lancio del volume “#quellavoltache – Storie di molestie è un libro antologico di questa esperienza: 285 testimonianze, scelte fra le moltissime arrivate nei giorni in cui l’hashtag era più attivo”.

La caratteristica del volume è quella di dare voce a chi, proprio per l’esperienza vissuta, ha dovuto subire e molto spesso in silenzio: “Il libro parla con la crudezza di testimonianze che spesso lasciano senza fiato, che raccontano rabbia, sofferenza, ma anche desiderio di liberarsi dalla vergogna. Chi ha parlato, in molti casi non l’aveva mai fatto prima. Non ci sono filtri, non ci sono commenti: solo le voci di chi ha condiviso il suo racconto”.

Storie di donne, storie di violenza. Fenomeno che non conosce differenze di classe, ma che sembra essere prerogativa di un modello (maschilista e patriarcale, appunto) che mira a controllare le soggettività altre – quella femminile, in primis – attraverso la sopraffazione. È impressionante vedere come moltissime donne siano state oggetto di certe “attenzioni”, ma questo è un dato di fatto: “perché la molestia” si legge ancora “è un fenomeno endemico alla nostra società, è accaduta in qualche forma a tutte, è talmente normalizzata che molte donne stentano a riconoscerla come tale”.

#quellavoltache – Storie di molestie è un libro che, dando la parola direttamente alle protagoniste non solo prova a rimediare simbolicamente ad un torto, ma diviene urlo nel silenzio, quello stesso che alimenta il perpetrarsi degli abusi, sessuali e psichici, e che costruisce una dimensione che non può essere ulteriormente sopportata, avallata e nutrita. Racconta il lato oscuro di un mondo in cui può cadere anche chi ci sta più vicino: le nostre figlie, le nostre madri, sorelle, amiche, compagne di lotta, colleghe.

Il libro, il cui ricavato andrà alla Casa internazionale delle donne (realtà storica del femminismo italiano e sotto sfratto dal comune di Roma), diviene così un ulteriore strumento di riflessione sulla questione femminile – nel nostro paese e nel mondo – e ci interroga su quali strategie, culturali e politiche, mettere in campo affinché si possa un giorno, tutti e tutte (non solo una parte della nostra società), festeggiare la fine dei soprusi e della violenza di genere.

Le giornaliste de ilfattoquotidiano.it hanno raccolto le testimonianze delle vittime di molestie sessuali nell’iniziativa Ti racconto la mia

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