Dopo quasi due mesi dall’inizio del 2018, per i mercati azionari sta maturando la convinzione che la tendenza non sarà quella rialzista dello scorso anno. Ci sono infatti tutti i presupposti affinché l’azionario possa continuare ad offrire ritorni superiori alle obbligazioni su base annua, ma nello stesso tempo è alto il rischio di temporanee correzioni legate a tutta una serie di fattori di natura fondamentale ed anche speculativa.

Tassi di interesse USA, ci saranno altri due rialzi nel 2018?

Il recente calo dei prezzi dei titoli di Stato americani, con conseguente aumento dei rendimenti, ha non a caso innescato turbolenze sulla piazza azionaria di Wall Street che, nello specifico, teme da parte della Federal Reserve una politica monetaria restrittiva di intensità superiore alle attese degli economisti.

Ad oggi, come peraltro si legge sugli approfondimenti pubblicati su Mercati24.com, si prevede che negli Stati Uniti nel corso del 2018 il costo del denaro possa essere rivisto al rialzo almeno altre due volte, ma questo scenario potrebbe essere modificato principalmente da due fattori rappresentati da un profondo crollo della Borsa americana, oppure da una crescita dell’economia a stelle e strisce più robusta rispetto a quelle che sono le stime correnti. Ed in tal caso i rialzi dei tassi di interesse in America, al ritmo di un quarto di punto alla volta, potrebbero essere nel 2018 non due ma tre.

Per l’azionario mondiale, di conseguenza, a dominare la scena nelle prossime settimane potrebbe essere la volatilità che è temuta dai piccoli investitori in quanto è difficile da gestire tra ampi ribassi e repentine risalite che, spesso, si verificano senza che la tendenza sia correlata o giustificata da fattori di natura fondamentale.

Tra le banche d’affari, che raccomandano attualmente prudenza sull’azionario, spicca la Morgan Stanley che non esclude che la volatilità dei primi due mesi del 2018 possa essere solo l’aperitivo di un ribasso più profondo. E questo perché, secondo il colosso finanziario con sede a New York, le vendite che ci sono state di recente sull’azionario non sono state ‘ragionate’, ovverosia frutto di alleggerimenti sistematici delle posizioni in acquisto, ma di vere e proprie vendite indiscriminate che, anche nel breve termine, potrebbero generare nuovi shock negativi.

Occhio vigile pure sul quantitativeeasing della Banca centrale europea

Le mosse della Fed sui tassi di interesse, per il 2018, rappresentano il principale driver per l’andamento delle borse mondiali a partire chiaramente da Wall Street, ma si guarderà pure alle future decisioni della Banca centrale europea. A differenza della Fed, in particolare, la Bce guidata da Mario Draghi per ora non ha alcuna intenzione di rivedere al rialzo il costo del denaro, ma sarà in ogni caso chiamata nei prossimi mesi a prendere una decisione sulla misura di stimolo rappresentata dal quantitativeeasing la cui durata oltre il necessario potrebbe rappresentare un rischio a medio ed a lungo termine sull’economia ed anche sul sistema bancario e finanziario nell’Ue.

Concentrando invece l’attenzione sul mercato azionario italiano, ad oggi gli operatori non sembrano per nulla intimoriti dai potenziali rischi di ingovernabilità dopo le Elezioni Politiche del 4 marzo del 2018. Allo stesso modo, non si registrano particolari tensioni pure per lo spread tra il BTP italiano ed il Bund tedesco, sulla curva a dieci anni, il che lascia intendere che, in caso di assenza di una maggioranza di governo certa ad urne chiuse, gli operatori stanno scommettendo non sul ritorno al voto, ma sulla formazione di un Esecutivo tra forze politiche che in questo momento, invece, dichiarano fermamente di non voler stringere alleanze con altri partiti o coalizioni. In più, gli operatori escludono anche che, in caso di vittoria in Italia delle cosiddette forze politiche populiste, si possa arrivare alla proposizione nel nostro Paese di un referendum col quale chiedere ai cittadini se vogliono restare o uscire dall’euro.

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