“Ho scoperto di avere un tumore facendo una mammografia di controllo appena terminata l’ultima stagione delle Invasioni barbariche“. Daria Bignardi ha deciso rompere il silenzio e, in un’intervista a Vanity Fair, racconta di aver avuto un tumore al seno. Di essersi sottoposta alla chemioterapia e di aver indossato una parrucca quando perse i capelli. Finora non ne aveva mai parlato e in pochissimi erano a conoscenza della sua malattia. “Sei mesi dopo, a una settimana dall’ultima chemioterapia, mi è arrivata la proposta di Campo Dall’Orto per dirigere Rai Tre. Gli ho raccontato tutto. Mi ha chiesto soltanto: ‘Sei guarita?’. Gli ho risposto di sì. ‘Ti aspetto a Roma‘, mi ha detto e io sono partita”. “La chemioterapia fa schifo – aggiunge la conduttrice, che il 14 febbraio compie 57 anni – ma serve. Curarsi o operarsi non è divertente”.

“Chi è ammalato considera la propria malattia il centro del mondo, ma anche se ho rispetto per chi sta soffrendo in questo momento, parlare pubblicamente della malattia in generale, o peggio ancora della mia, non mi interessa – spiega Daria Bignardi-. Per tanti motivi: un po’ per pudore, un po’ per paura della curiosità o della preoccupazione degli altri, un po’ perché quando guarisci volti pagina e non hai più voglia di parlarne ancora. Ho superato una malattia seria, ma al tempo stesso molto comune. Si ammalano milioni di donne, a cui va tutto il mio affetto”.

E racconta anche i difficili momenti con la parrucca prima e con i capelli corti e grigi poi, che all’epoca suscitarono tante critiche: “Il giorno della nomina (a direttore di Rai Tre ndr), quando c’è stata la conferenza stampa a Roma, avevo la parrucca. L’ho portata per diversi mesi, era molto carina, capelli identici ai miei, anzi più belli. Poi andando avanti e indietro in continuazione tra Milano e Roma, a gestire ’sta parrucca, a un tratto, non ce l’ho fatta più. Un bel giorno l’ho tolta dalla sera alla mattina e mi sono presentata al lavoro con i capelli corti e grigi che stavano ricrescendo sotto. Ma non ho dato spiegazioni, tranne che ai miei vicedirettori, coi quali eravamo diventati amici”. E di chi la prendeva in giro, definendo il suo look “horror” dice: “In alcuni casi, le assicuro, mi dispiaceva per loro. Mi preoccupavo che rimanessero male se avessero saputo del cancro. Sono materna. E quindi rompiscatole. Vorrei fare da mamma a tutti” conclude.

La giornalista non parla volentieri della sua malattia, anzi, questa “è la prima volta e anche l’ultima spero. Ne ho scritto” dice. E infatti a far da sfondo a questa intervista c’è proprio la presentazione del suo sesto libro, “Storia della mia ansia“, che definisce “il mio libro più importante”: i parallelismi tra la storia personale di Daria Bignardi e le vicende che accadono a Lea, la protagonista del libro sono molti. “In questa storia a Lea sarebbe potuto accadere di tutto. Bisognava che a questa donna innamorata e divorata da un’ansia atavica succedesse qualcosa di molto forte – racconta la giornalista -. All’inizio pensavo a un incidente, poi mentre scrivevo mi sono ammalata – rivela Daria -. ‘Nessuno è più di buon umore di un ansioso, di un depresso o di uno scrittore quando gli succede qualcosa di grosso’, ho scritto nell’aletta del libro. Qualunque cosa accada a uno scrittore, anche la più faticosa, lo troverà ad accoglierla con gli occhi illuminati perché attraversare un’esperienza forte è materiale per una storia. Prendere elementi dalla vita reale per la storia che stavo scrivendo è stato naturale”.

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