Il Movimento 5 stelle che sogna di governare, intanto fa le rivoluzioni in casa. Fino a pensare l’impensabile: l’elezione diretta del prossimo Beppe Grillo, che per ora non si tocca, ma domani chissà. Se loro preferiscono parlare di “transizione obbligatoria” perché “è finita l’epoca dell’opposizione”, di fatto in queste ore sta avvenendo un cambio, quello sì epocale, per la forza entrata in Parlamento nel 2013. Nel primo pomeriggio il blog, dopo le indiscrezioni delle scorse ore, ha pubblicato i nuovi Codice etico e Statuto e le regole per le candidature. In quelle poche decine di pagine sono contenute alcune novità che fino a pochi anni fa sarebbero state inimmaginabili. Innanzitutto c’è più spazio per gli attivisti, a tal punto che la figura del Garante, fino ad oggi indiscutibilmente nelle mani del comico, diventa elettiva. Inoltre si inserisce tra gli organi quello dell’Assemblea degli iscritti. Poi, dettaglio importante in vista delle elezioni, cade il divieto “di associarsi ad altri partiti”. Che significa, come ripete Luigi Di Maio da giorni, che il M5s la sera del voto si presenterà agli altri con i voti ottenuti e lascerà aperta la porta a chi vuole partecipare alla realizzazione del “programma grillino”. Infine, c’è anche un’importante svolta per quanto riguarda le candidature: non solo ci si apre anche agli esterni, ma si prevede un filtro di qualità con il Capo politico (Di Maio) e il Garante (Grillo) che possono intervenire fino alla consegna delle liste. Resta la grande stretta, con conseguenti polemiche, su chi viene eletto e le misure, 27 in totale, vanno dalla maxi-multa per gli espulsi all’obbligo di votare la fiducia.

Una delle novità più grandi è prevista all’articolo 8 dello Statuto: l’elezione diretta del Garante. Stiamo parlando di Beppe Grillo, l’unico dogma mai messo in discussione fino a questo momento, colui che ha creato tutta la baracca e che se l’è ripresa in mano ad ogni sentore di crisi. Per il momento, quello che dicono all’interno sperticandosi in rassicurazioni, non è prevista alcuna sua rinuncia, ma intanto le regole per il suo addio eventuale sono state stabilite nel dettaglio. E, sorpresa, si prevede una elezione tra una rosa di candidati “non inferiore a tre” proposta dal comitato di Garanzia che sceglie tra “figure che si siano distinte per il determinante contributo alla storia e all’azione politica del Movimento 5 stelle”. Ma non solo. Il Garante rimane in carica “a tempo indeterminato”, ma può essere revocato su proposta del comitato di Garanzia “a maggioranza assoluta” e ratificato dagli iscritti in rete. Se non ratificano, il comitato decade. E ne dovrà essere eletto uno nuovo. Che detto oltre i tecnicismi è una rivoluzione mai vista per il Movimento: si sta preparando una exit strategy per qualsiasi eventualità e per far sì che il Movimento possa vivere oltre qualsiasi terremoto politico e che possa, soprattutto, essere saldamente controllato dagli iscritti.

In realtà Di Maio l’ha detto chiaramente. “Oggi è un giorno storico”, ha scritto nel post del blog. E storico lo è soprattutto per la cosiddetta base, gli attivisti che nel Movimento ci sono nati e che forse non si sarebbero aspettati di vedere un cambio simile così in fretta. E’ questo invece il segno che Davide Casaleggio e Beppe Grillo fanno sul serio: vogliono partecipare alle elezioni e farlo per vincere, anche a patto di snaturarsi un po’. Sbagliato pensare che Gianroberto Casaleggio non avrebbe voluto tutto questo: l’evoluzione era nella sua testa da sempre e, a quanto pare, ha istruito il figlio nel dettaglio. Il risultato è frutto di un lungo lavoro di discussione interna. Chi frequenta le riunioni che contano sa ad esempio quanto è stata sofferta l’introduzione del filtro delle candidature: significa all’improvviso che “uno vale uno” non può essere vero per sempre (lo ha detto lo stesso Di Maio pochi giorni fa) e che invece bisogna cercare di armarsi per vincere e presentare nomi di spessore. Saranno Di Maio e Grillo direttamente a scegliere chi va in testa ai collegi uninominali ad esempio e questo in tanti, quelli che già un mandato lo hanno fatto, lo chiedevano. Ci si apre a tutti a patto che non siano degli ex espulsi dal Movimento, che non siano stati iscritti in altri partiti. Possono correre anche gli indagati, anche se c’è un potere di discrezionalità in base al peso dell’inchiesta.

Con il nuovo Statuto inoltre non bisogna dimenticare che nasce una nuova associazione del Movimento 5 stelle. E precisamente la terza da quando è nato il M5s. Questa ha sede a Roma (e non più a casa di Beppe Grillo a Genova) e userà il vecchio simbolo del 2009, come da concessione del Garante. Qui arriva poi un’altra delle novità più grandi: si introduce tra gli organi del Movimento (oltre al Capo politico, al Garante, al Comitato di garanzia, al Collegio dei probiviri, al Tesoriere) l’Assemblea “formata da tutti gli iscritti con iscrizione in corso di validità al momento della convocazione”. Viene convocata in luogo fisico o online almeno una volta all’anno e, in questa sede sì, possono essere fatte delle restrizioni di partecipazione in base all’anzianità. L’assenza di una struttura collettiva di partecipazione alla vita del Movimento è stata contestata negli anni più volte a Grillo e Casaleggio, che avevano sempre risposto parlando dei Meetup e dei raduni annuali. Ora, per la prima volta si danno delle regole precise e si colma una lacuna che più volte li ha messi in difficoltà. La votazione dell’organo è valida a prescindere dal numero dei partecipanti, salvo per le modifiche dello Statuto per cui saranno necessari “la metà più uno degli iscritti”. Un occhio alla democrazia interna che sorprende dopo anni in cui si era andati in diversa direzione. Certo era una necessità dettata anche alle tante cause indette nei tribunali dagli espulsi e dissidenti, ma nel concreto restituisce una nuova immagine del Movimento. Gli utenti possono ora partecipare all’elezione di tutti gli organi dell’Associazione, un’eventualità fino adesso esclusa. Il Capo politico rimane in carica massimo dieci anni, quindi fa un mandato di 5 anni rinnovabile una sola volta. E può essere sfiduciato. Mentre il Collegio dei probiviri e il Comitato di garanzia vengono scelti tra una rosa di nomi indicata dal Garante che deve tenere conto della rappresentanza di genere e delle minoranze. Per il momento sono confermati quelli in carica: nel primo Giancarlo Cancelleri, Vito Crimi e Roberta Lombardi; nel secondo Paola Carinelli, Nunzia Catalfo e Riccardo Fraccaro.

Grande spazio, naturalmente, viene dato anche al comportamento degli eletti. Ovvero uno dei pallini del Movimento: come assicurarsi che chi viene scelto come portavoce (anche qui si specifica che devono rinunciare alla dicitura di “onorevole”) poi rispetti la linea e non vada a rimpolpare le fila dei dissidenti. In questo senso si ripropone la tanto contestata maxi-multa per chi lascia il gruppo, si dimette o viene espulso: “Il portavoce dovrà pagare 100mila euro quale indennizzo per gli oneri affrontati”. Poi si richiede l’obbligo di votare la fiducia di un governo guidato da un presidente del Consiglio M5s, pena naturalmente l’espulsione. Come già detto, non c’è più il riferimento al divieto di associarsi con gli altri partiti, anche se non è dato sapere cosa e fino a che punto saranno possibili mediazioni in termini di alleanze. Fondamentalmente è una materia troppo nuova e troppo scivolosa, quindi l’indicazione è: improvvisare e intanto tenere dritta la barra sul “meno compromessi possibili”. Anche perché Di Maio sostiene che arriverà al voto con una squadra già pronta e a quella, chi vuole lavorare con i grillini, verrà chiesto di piegarsi. Si chiede inoltre, e naturalmente, di rinunciare a vitalizi and company, ovvero tutti i privilegi pensionistici della carica. Vietato poi assumere familiari o conviventi (vedi figuracce del passato). E si prevede un versamento da parte degli eletti di 300 euro mensili per “mantenere le piattaforme tecnologiche che supportano l’attività dei gruppi o dei singoli parlamentari”. Da notare anche che, chi si candida e ha ricoperto una carica in enti di vario tipo dovrà consegnare bilancio e statuti. Come a verificare che non abbia già fatto danni altrove.

Chi oggi apre il blog trova una scritta che recita “è ora di pensare in grande”. Quasi un buffetto di rassicurazione a chi vive la transizione con gli occhi sbarrati e si chiede cosa resterà del passato. Sotto c’è un conto alla rovescia, dei giorni e dei minuti e dei secondi che separano dalla prova delle elezioni politiche. Che questa volta come non mai sentono di non poter mancare. La prima tappa saranno le auto-candidature alle Parlamentarie (aperte fino al 3 gennaio) e poi il voto online a metà gennaio. Quindi Di Maio dovrà rispettare la sua prima promessa: presentare una squadra di governo prima del voto. Ce la farà? Il candidato gira per l’Italia da settimane e in particolare, accompagnato dall’ormai fedele Stefano Buffagni, tenta innanzitutto la conquista del nord. Veglia su di lui, da non troppo lontano, Davide Casaleggio. Che oggi, in una rarissima apparizione al suo fianco, ha commentato le nuove regole con due parole di numero: “Se siamo un partito? Non penso”. Come a dire che l’etichetta, per chi ora conta solo arrivare al governo, non è più davvero un problema.

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