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Facebook, negli annunci pubblicitari si possono impostare target razzisti. Il social network: “Un fallimento”

A puntare il dito contro Mark Zuckerberg è il sito ProPublica, che ha acquistato decine di annunci di case in affitto su Facebook, chiedendo al social network di escludere dalla visualizzazione determinate categorie di utenti, come afroamericani, ebrei, persone di lingua ispanica, musulmani e persone interessate a rampe per sedie a rotelle
Facebook, negli annunci pubblicitari si possono impostare target razzisti. Il social network: “Un fallimento”
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Facebook è di nuovo sotto accusa: agli inserzionisti è consentito impostare target di pubblico discriminatori. Quando si imposta un annuncio si può infatti scegliere di escludere dalla visualizzazione della pubblicità alcune categorie di persone sulla base di etnia, religione e salute. A puntare il dito contro Mark Zuckerberg è il sito giornalistico ProPublica, che ha realizzato una nuova inchiesta sull’argomento dopo quella pubblicata un anno fa.

La testa americana ha acquistato decine di annunci di case in affitto su Facebook, chiedendo al social network di escludere dalla visualizzazione determinate categorie di utenti, come afroamericani, ebrei, persone di lingua ispanica, musulmani, madri con figli iscritti alle scuole superiori, persone interessate a rampe per sedie a rotelle e perfino persone espatriate dall’Argentina.  Tutte categorie protette dal Fair Housing Act americano, che vieta tali discriminazioni per chi vende o affitta casa. Pena: una multa una multa da migliaia di dollari. Eppure Facebook ha approvato all’istante tutti gli annunci, l’unico che ha richiesto 22 minuti prima dell’approvazione era quello che escludeva i potenziali affittuari “interessati all’Islam, all’Islam sunnita e all’Islam sciita”.

Queste pubblicità rappresentano “un fallimento, e siamo delusi di non essere stati all’altezza dei nostri impegni”, ha commentato Ami Vora, vicepresidente di Facebook. Nel febbraio scorso, in seguito alla prima inchiesta di ProPublica, Facebook aveva infatti annunciato nuove policy e nuovi algoritmi per evitare pubblicità discriminatorie su case, lavoro e credito, come previsto dalle leggi Usa. Quella del sito americano non è l’unica accusa indirizzata al social di Zuckerberg: in settimana un ex privacy manager di Facebook ha scritto un articolo sul New York Times accusando la compagnia di privilegiare la raccolta di dati rispetto alla protezione degli utenti da abusi.

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