La procura di Siena vuole vederci chiaro sul racconto del presunto supertestimone che avrebbe dovuto incontrare David Rossi nelle ore precedenti alla morte del capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena. Il 10 novembre il legale della vedova di Rossi, Luca Goracci, è stato ascoltato dagli investigatori dopo un articolo nel quale si svelavano le confidenze che l’avvocato ha ricevuto da un uomo che ha raccontato di chiamarsi Antonio Muto.

Come racconta Il Secolo XIX, il confronto tra Goracci e la polizia giudiziaria ha riguardato proprio questo faccia a faccia. Della questione legata all’incontro tra l’avvocato e Muto, martedì sera, se ne sono occupate anche Le Iene. L’uomo si è presentato al legale come l’imprenditore Antonio Muto e ha spiegato di avere interessi in provincia di Mantova, motivo per il quale ha avuto rapporti con Rossi che era vice-presidente della Fondazione Palazzo Te. L’uomo – ha raccontato Goracci – avrebbe avuto un appuntamento alle 18 nel giorno della morte del manager, avvenuta il 6 marzo 2013, ma sarebbe arrivato in ritardo trovando Rossi già morto. E aggiunge di essere stato “aggredito da quattro sconosciuti” dai quali riuscì a divincolarsi. “Spararono anche un colpo di pistola”, aggiunge.

Stando a quanto riportato dal quotidiano genovese e raccontato alle Iene, l’avvocato della famiglia Rossi avrebbe anche saputo dal misterioso Muto – che non sarebbe l’uomo coinvolto in un’indagine legata alle infiltrazioni delle cosche in provincia di Mantova – che il manager Mps avrebbe intrattenuto rapporti d’affari che riguardavano lo Ior, la banca del Vaticano, e una valigetta che Rossi avrebbe avuto con sé nel novembre 2012 dopo un incontro a Roma. Goracci spiega alle Iene: “Mi dice che lui e Rossi andavano allo Ior e lì si incontravano con uno che me la descrive con uno con i capelli tutti impomatati e soprannominato Fonzie, un consigliere di amministrazione di Mps e dello Ior (in realtà l’uomo era un consulente della banca vaticana, ndr). Mi racconta che in una valigetta nella quale tenevano i denari che portavano direttamente a Rocca Salimbeni perché Muto aveva i conti aperti lì, in direzione”. Una volta, però, andarono in ospedale – spiega sempre il sedicente Muto a Goracci – dove era ricoverato il padre di Rossi e lì, ricorda anche il fratello del capo della comunicazione, il manager aveva una valigetta e sembrava essere molto interessato al suo contenuto.

Nei prossimi giorni, intanto, la procura di Genova ascolterà diverse persone nell’inchiesta sulle presunti omissioni dei colleghi toscani durante le due indagini aperte sulla morte del capo della comunicazione di Mps. Tra loro ci sono l’ex ad Fabrizio Viola, la segretaria Lorenza Pieraccini (che non sarebbe mai stata ascoltata dai pm senesi, al contrario di quanto scritto nella seconda archiviazione sulla morte di Rossi). E ancora Valentino Fanti, ex segretario di Mussari e del cda e Bernardo Mingrone, numero uno dell’area finanza, la vice di Rossi Lorenza Bondi, il capo della segreteria Gian Carlo Filippone, il portiere Massimo Riccucci, l’imprenditore Antonio Degortes, figlio del famoso fantino del Palio ‘Aceto’ e forse la vedova di Rossi, Antonella Tognazzi. Il fascicolo è ancora per atti relativi, ma dopo la tornata di interrogatori i magistrati decideranno se contestare l’abuso d’ufficio o archiviare. Intanto nelle prossime ore arriverà da Firenze l’inchiesta sul proiettile e lettera minatoria intercettata a Sesto Fiorentino e indirizzata al pm Aldo Natalini che ha indagato sia sullo scandalo Mps che sulla morte di Rossi, chiedendo per quest’ultima l’archiviazione.

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