Stupro di Rimini e stupro a Firenze. Quello che emerge è che a nessuno importa delle vittime. Sono solo funzionali a campagne denigratorie contro gli stranieri o contro le donne nel caso in cui a stuprarle siano italiani e per di più in divisa. Il garantismo applicato ad muzzum.

Questo post è per le vittime di stupro, quelle alle quali nessuno crede. Quelle che in un modo o nell’altro vengono usate e massacrate dai media. Quelle che subiscono processi mediatici e che vengono messe alla gogna per il fatto stesso di voler vivere e respirare. Penso al fatto che si impone loro una cultura dello stupro ferma a quel “se l’è cercata” che sparisce solo se ai razzisti viene data l’opportunità di insultare gli stranieri.

La violenza di genere è quella roba che avviene quando per il solo fatto di essere donna si pretende da lei che aderisca al ruolo stereotipato imposto. La donna che non può dire no. Quella che non può alzare la testa e denunciare. Quella che deve vestirsi in un certo modo o che dovrebbe stare attenta allo straniero perché si tratta delle “nostre donne”, no? Quella che non deve “provocare” perché l’uomo, si sa, è cacciatore.

In realtà la maggior parte degli stupri viene compiuta da persone vicine alla vittima. Spesso fanno parte della rete di conoscenti e parlare solo delle aggressioni da parte di estranei mette questa questione in ombra. Anche questo è voluto. Si legittima così l’idea che bisognerebbe rafforzare una rete securitaria, le ronde per le strade, quelle anti migranti, o la rete paternalista e repressiva da parte delle istituzioni.

Si è parlato di mele marce senza tenere conto del fatto che inserire alcuni soggetti nello schema dell’altro da sé, l’estraneo ai corpi di polizia o alla società, rientra esattamente nel linguaggio, nelle dinamiche di gruppo, che non riconoscono gli elementi culturali sessisti come parte integrante di ogni nucleo sociale. A parlare sono sempre quelli che giustificano il gruppo degli italiani, tutti innocenti, o quello dei militari, che di per sé sarebbero tutti antisessisti.

Di fatto non è così. Il sessismo è parte della cultura patriarcale che caratterizza quelle stesse dinamiche di gruppo. Si realizza pur sempre il riconoscimento di appartenenza e di espulsione per dirsi innocenti o per buttare fuori i colpevoli. Lo stesso giudizio ricade sulle donne vittime di violenza. Le madri di famiglia e le donne stuprate da stranieri ricevono un supporto privo di empatico interesse. Le straniere sono descritte come quelle che verrebbero in Italia a rovinare la vita di bravi ragazzi italiani.

Molte le donne che fanno distinzioni sulla nazionalità delle vittime. Noi italiane non siamo così. Così come? Non viviamo con la pretesa di voler vivere e divertirci senza per questo essere stuprate. No no. Quelle che hanno simili pretese sono solo delle sciagurate.

E a pensarla così sono anche altri gruppi, dei quali fanno parte uomini e donne. Non a caso a colpire la vittima dello stupro di gruppo di Parma, la ragazza stuprata nella sede della rete antifascista, poi denigrata da “compagne” e “compagni“, sono stati gli stessi che si dicono fuori da certe dinamiche. Fosse stata vittima di fascisti, riconosciuti in quanto tali, avrebbe ottenuto solidarietà da tutti. E ciò senza capire che l’autoritarismo implicito in ogni grave atto di sovradeteminazione, quella maniera orrenda di derubare una donna della possibilità di esercitare il suo diritto al consenso, prescinde da quel che tu pensi di essere. Questo a dimostrare che lo stupro è stupro sempre e che le vittime sono comunque massacrate, isolate, delegittimate.

A volte sono perfino disconosciute come è stato per quella trans offesa e ignorata dalla stampa perché una trans stuprata non farebbe testo in special modo se si decide di definirla con un transofobo “Il” invece che con un “La”.

Il mio post è per tutte le vittime di stupro, quelle che sono stuprate molte altre volte da stampa, avvocati, amici e familiari dei carnefici, gruppi sociali che strumentalizzano il dolore altrui per i propri lerci scopi. A voi va tutto il mio ascolto e la mia solidarietà. E da parte di una donna non è cosa così scontata. Forse vale la pena ribadirlo.

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