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Sacco e Vanzetti, le streghe da uccidere

Sacco e Vanzetti, le streghe da uccidere
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Non abbiamo ucciso nessuno, ma ci condannate perché siamo radicali ed anarchici, ed è vero che lo siamo, perché siamo poveri, perché siamo italiani, ed è vero che lo siamo…”.
Queste le ultime parole pronunciate da Bartolomeo Vanzetti davanti alla Corte che, insieme al suo compagno Nicola Sacco, li avrebbe condannati a morte, al termine di un processo destinato a restare nella storia delle infamie giudiziarie e della “caccia alle streghe”.

Sacco e Vanzetti, come è stato ampiamente provato in ogni sede, erano innocenti, ma erano stati identificati come gli agnelli da offrire in sacrificio a chi reclamava “ordine e pugno di ferro” contro i “sovversivi”, gli immigrati, e, ancor di più, quando costoro osavano contestare e contrastare le ingiustizie sociali, le povertà, la negazione dei diritti politici e e civili.

“L’unico delitto che ho commesso è stato quello di aiutare i poveri e le vittime dello sfruttamento”, parole scritte da Nicola Sacco al figlio Dante, in una delle ultime lettere prima dell’esecuzione, o meglio dell’assassinio. Modi e forme della loro soppressione rientrano nel n quella che, in epoche e contesti diversi, è stata denominata la “caccia alle streghe”.

Di volta in volta il potere dominante sceglie una categoria di persone contro le quali indirizzare la scure e deviare la collera popolare.
Una volta gli eretici, un’altra le streghe, un’altra ancora i sovversivi, oppure gli immigrati, gli ebrei, i gay, i negri…
Le oligarchie minacciate individuavano e individuano un obiettivo contro il quale scatenare livori e risentimenti, facendo leva su preoccupazioni reali, su paure profonde, sulla credulità di chi è esposto alla propaganda e al cinismo degli “industriali della paura”.

Sacco e Vanzetti, in quella stagione, furono scelti come gli “untori” di manzoniana memoria e dati in pasto a chi pretendeva degli scalpi da esibire.
“Sì, caro Dante – scrive ancora Nicola Sacco – potranno trafiggere i nostri corpi, ma non le nostre idee”.
Il loro nome, infatti, vive ancora perché milioni di persone hanno coltivato il ricordo e hanno reclamato giustizia sfidando gli “stregoni” di ogni tempo, natura e colore.
Sarà bene non dimenticarlo in questa stagione segnata da nuove e inquietanti “cacce alle streghe”.

Nella foto una scena del film “Sacco e Vanzetti” (1971) di Giuliano Montaldo, interpretato da Riccardo Cucciolla e Gian Maria Volontè

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