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Attentato a Barcellona, le parole da non dire

Attentato a Barcellona, le parole da non dire
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Irresponsabile è chi fa campagna elettorale adoperando i morti dell’attentato a Barcellona, e alimentando odio e sospetto verso un gruppo etnico o religioso di persone al posto di stare in silenzio, esprimendo il cordoglio che la buona morale (ormai scomparsa) imporrebbe.

Non ci sarebbe altro da aggiungere. E invece no. Bisogna riflettere sulla categoria del politico-sciacallo e sul perché oggi raccoglie consensi, non destando più indignazione per le sue esternazioni. In un paese normale – non questo – in un’altra epoca – non quella in cui viviamo – un politico – il cui compito è mediare e disinnescare i conflitti sociali – si adopererebbe per capire le cause degli eventi e, dall’alto della sua carica istituzionale, esprimerebbe pubblicamente cordoglio non imputando la colpa di un fatto, questa volta accaduta in Spagna, a un governo (magari quello italiano) solo per far perdere consensi.

Un politico non dovrebbe puntare il dito contro un gruppo etnico o religioso presente nel suo paese, instillando diffidenza verso di esso. Non parlerebbe di elezioni in un momento di condoglianze. Un politico dovrebbe essere una persona normale ma, appunto, la normalità latita qui. Allora guardiamo all’estero, ai diretti interessati, per ascoltare le parole del caso che vorremo sentire. “Continueremo ad essere una città di pace, aperta e solidale” ha detto Ada Colua, sindaca di Barcellona. E noi promettiamo di continuare a essere l’Italia di sempre, finché morte non ci separi.

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