Il codice di condotta messo a punto dal ministro dell’Interno Marco Minniti per le ong che salvano vite nel Mediterraneo centrale apre una frattura nel mondo cattolico. “Ribadisco, di fronte alla piaga aberrante della tratta di esseri umani il più netto rifiuto a ogni forma di schiavitù moderna – ha detto il presidente della Conferenza Episcopale Italiana Gualtiero Bassetti, presiedendo nella cattedrale di Perugia il pontificale di San Lorenzo – ma rivendico con altrettanto vigore la necessità di un’etica della responsabilità e del rispetto della legge. Proprio per difendere l’interesse del più debole, non possiamo correre il rischio di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana”.

Una posizione divergente rispetto a quello che finora è stato l’orientamento del mondo cattolico. L’8 agosto la Caritas, per voce del responsabile dell’ufficio immigrazione Oliviero Forti, invitava “ad uscire da questo teatrino con due fazioni opposte insostenibili – chi sta pro o contro i salvataggi umanitari – perché si stanno dando messaggi non veritieri e a farne le spese sono i migranti”. Il tema, proseguiva Forti, non deve “essere centrato esclusivamente sul codice di condotta delle Ong ma sul salvataggio, perché al di là dei Codici c’è in gioco la vita umana, che è la nostra preoccupazione maggiore”. E sulla presenza a bordo della navi di personale armato la Caritas specificava che “le armi non risolvono il problema, è solo un messaggio securitario che non serve certo a frenare le partenze”.

Posizioni molto vicine a quelle espresse da Graziano Delrio e che hanno creato una frattura – negata a parole dai diretti interessati, ma mai ricomposta nella realtà – tra i ministro dei Trasporti e quello dell’Interno: “Io rispetto la legge dello Stato – spiegava lo stesso giorno l’ex sindaco di Reggio Emilia a La Repubblica – sono impegnato per stroncare il traffico odioso dei clandestini, in questa nostra guerra contro gli scafisti. Ma se c’è una nave di una ong vicina a gente da soccorrere, non posso escluderla. E anche se non ha firmato il codice di autoregolamentazione, sono obbligato a usarla per salvare vite umane“.

“Questo soccorso non è derogabile, né discrezionale. Nel codice c’è scritto che il trasbordo si può fare in condizioni particolari, coordinato dalla Guardia Costiera“, proseguiva Delrio parlando della polemica scoppiata dopo che il 5 agosto la nave della ong Medici Senza Frontiere, che non ha firmato il codice proposto dal Viminale, aveva effettuato il trasbordo di 127 migranti su una nave della Guardia Costiera (che dal ministero di Delrio dipende), che a sua volta li aveva portati in Italia.

Nei giorni scorsi il variegato fronte cattolico si era schierato al fianco delle organizzazioni non governative. Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli,
‘braccio’ dei Gesuiti per i rifugiati, non si diceva contrario “al codice in sé”, ma ritiene “sbagliata la modalità con cui si è arrivati alla sua stesura”: “L’iter è partito con la messa in discussione del lavoro svolto dalle ong che si occupano di salvataggio in mare e così si è arrivati a un codice che ha spaccato il mondo delle ong”. L’ambito, invece, “ha bisogno di essere regolamentato, ma per aumentare l’efficienza del salvataggio delle persone che scappano da are di rischio”.

Sull’argomento era intervenuto anche il direttore di Avvenire Marco Tarquinio per dire che forze in armi sulle navi delle ong sarebbero un “precedente” che “darebbe
fiato e pseudo-legittimazione ai tentativi di commissariamento (o di espulsione) di ong sgradite in diverse parti del mondo”.

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