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Un bullo di nome Matteo Salvini

Un bullo di nome Matteo Salvini
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Se andiamo al governo, dopo aver bloccato l’invasione, gli leviamo anche l’inutile scorta” scrive Matteo Salvini, leader della Lega Nord, riferendosi a Roberto Saviano che da anni vive sotto scorta a causa delle minacce di morte della camorra. Un atteggiamento da bullo del parchetto, quello di Salvini, che si scaglia contro lo scrittore italiano che ha preso le difese delle Ong che non hanno accettato di firmare il codice di condotta varato da Minniti. Come Medici Senza Frontiere, entrata nell’occhio del ciclone perché rifiuta, come richiesto dal codice del ministro degli Interni, forze dell’ordine armate a bordo delle imbarcazioni. Una posizione criticata da Ernesto Galli della Loggia sulle pagine del Corriere che parla – come spesso fa – in termini dicotomici: Stato contro trafficanti; o accetti il codice o stai con l’illegalità, dando una visione in bianco e nero.

Lo stesso Matteo Salvini è stato un maestro in questo senso: è stato capace di presentare all’italiano un futuro suddiviso in invasione o difesa dell’identità; barbarie contro civiltà. E ha attaccato più volte i suoi avversari accusandoli di buonismo – ormai declinato a insulto – e di essere censurato dal politicamente corretto che gli impedisce di dire quello che realmente vorrebbe. La verità è che questa situazione, il fatto che un uomo pubblico – Salvini, appunto – invochi il ritiro della scorta a una persona in pericolo di vita e per questo costretta a vivere all’estero è il sintomo dell’assenza di una morale e etica nella politica italiana.

La sinistra, invocata da Massimo Giannini sulle pagine di Repubblica, non può rispondere a questo caos perché ha calato le braghe di fronte alla prospettiva di perdere le elezioni nel 2018 a causa della ‘questione migratoria’. E, inoltre, è attanagliata dal problema delle correnti, delle scissioni e dell’atomizzazione che è incorso. Ma, sopratutto, non esiste più una sinistra capace di parlare all’elettorato in termini culturali. Con questo si intende una sinistra che spieghi le questioni agli elettori e, a causa di questa lacuna, è costretta ad assomigliare sempre di più alla destra xenofoba.

La società civile, invece, si è eclissata nella convinzione di non poter più avere un peso nelle decisioni di partiti che sono diventati piccoli centri di potere privato che assomigliano sempre più a consorterie. Mentre il mondo della cultura, tranne qualche isolato nome – Erri De Luca, Roberto Saviano e pochi altri –, è in declino insieme al paese. Quanto manca perché il nostro barcone affondi e ci faccia capire che la rotta è sbagliata?

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