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Neymar, Cassano e gli altri: perché il calciomercato ci appassiona più che vedere le partite

Neymar, Cassano e gli altri: perché il calciomercato ci appassiona più che vedere le partite
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a cura di Luigi Di Maso per Crampi Sportivi

Dal 1929 ad oggi si contano 85 edizioni del campionato di Serie A, ed è fuori discussione che la parte più movimentata del torneo, almeno come intensità della copertura mediatica, sia quella estiva, quella in cui il torneo è in pausa. Il periodo di maggior ricerca di notizie di calcio su Google non a caso, è proprio quello che va da luglio ad agosto.

Insomma, sognare è meglio che godere. Attendere con impazienza l’acquisto del top player genera più dopamina rispetto a vederlo giocare con la maglia della propria squadra.

Detto questo, tanta accessibilità genera altrettanti luoghi comuni che ci fanno amare il calciomercato ma che, al contempo, possono anche farcelo odiare.

#1 Non esistono più le bandiere

Che è un po’ come chiedersi se sia nata prima la gallina o l’uovo. Il giorno esatto in cui è stata pronunciata la famosa frase ci è ancora sconosciuto, noi ipotizziamo risalga agli anni d’oro di José Altafini. Fatto sta che quest’anno ci siamo ritrovati di fronte a un abuso del concetto.

E allora l’anno dell’addio di Francesco Totti “non poteva che essere un chiaro segnale della morte delle bandiere”, che poi sono sempre state un caso a parte, circoscritto, un’eccezione che poche squadre si sono permesse. Eppure ci piace pensare da sempre che no, non esistono più le bandiere. Non esistono più da sempre.

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