“Due robot hanno iniziato a dialogare in un linguaggio sconosciuto“. L’allarme circolato nel web, arriva dalle stanze di Menlo Park dove Facebook AI, l’esperimento di intelligenza artificiale messo in piedi dal colosso, avrebbe dato segni di ‘linguaggio proprio’. Alice e Bob, due impianti artificiali, hanno conversato in una lingua non comprensibile sotto gli occhi sbalorditi dei ricercatori. “L’intelligenza robotica è pericolosa” liquida la questione un esperto sulle pagine online del Mirror dopo la notizia dello “sviluppo di una propria lingua” da parte dei dispositivi. La notizia ha fatto il giro del mondo, dal Sun, al Telegraph, fino all’Indipendent.

I giornali parlano di scene di panico tra i ricercatori che hanno immediatamente staccato la corrente alle macchine. Kevin Warwick, professore britannico esperto in robotica, sul Sun parla di un “pietra miliare per la scienza ma chi dice che non costituisce un pericolo nasconde la testa sotto la sabbia”. E ancora: “Non sappiamo cosa volessero dirsi i due bot”.

Bisogna preoccuparsi? Secondo quanto riporta il colosso social no. Come ricostruito dalla Bbc, per capire la storia di Bob e Alice bisogna risalire a giugno 2017. Quando sul blog di Facebook è comparso un post sulle ricerche in atto sui programmi di chatbot. Ovvero dei software progettato per simulare una conversazione con esseri umani o con altri bot tramite l’uso di voce o testo. La storia aveva interessato anche il New Scientist.

Poco tempo dopo sono state riportate alcune conversazioni assurde tra i due bot. Alla proposta di Bob “I can can I I everything else”, Alice ha risposto “Balls have zero to me to me to me to me to me to me to me to me to”. Da qui l’allarme secondo il quale le due entità avrebbero inventato un linguaggio per eludere la comprensione dei ricercatori. Una spiegazione più plausibile è che le reti neurali abbiano modificato il linguaggio umano ai fini di un’interazione più efficiente. Secondo il sito di tecnologie Gizmondo: “Nei loro tentativi di imparare l’uno dall’altro, i bot hanno iniziato a chiacchierare con abbreviazioni semplificate”. Può sembrare assurdo e far rimanere perplessi “ma non si tratta che di questo”.

Il caso, tra l’altro non è isolato. Già Google aveva annunciato una simile dinamica nel suo software di traduzione. Di certo la storia entra nel vivo di una questione tutt’altro che risolta: l’Intelligenza Artificiale è risorsa o pericolo per l’umanità? La domanda non è nuova, ma la risposta è ancora divisiva. Tanto da spaccare anche il pantheon della Silicon Valley.  Solo qualche settimana fa si consumava lo scontro tra Elon Musk numero uno di Tesla e SpaceX e Mark Zuckerberg ideatore e capo di Facebook. Dove per il primo la più grande paura per il futuro era l’intelligenza artificiale, il secondo opponeva una ferma fiducia nella direzione presa della tecnologia: “Ho le idee chiare su questo, sono molto ottimista. Non capisco chi fa il bastian contrario e solleva scenari apocalittici, ritengo che sia abbastanza irresponsabile”, spiegava Zuckerberg, prevedendo che nell’arco dei prossimi cinque-dieci anni l’intelligenza artificiale sarà in grado di migliorare la qualità della vita. “Chi è contro l’intelligenza artificiale è contro auto più sicure che scongiurano incidenti”.

Di sicuro il modo in cui è stata affrontata la storia di Alice e Bob è sintomatico delle riserve culturali sull’argomento. Facebook AI era solo un esperimento ancora in fase di rodaggio, non indirizzato al pubblico. Lo testimonia proprio la difficoltà nel capire come i bot producano le interazioni in contesti dove non è previsto l’intervento umano. Se è stato chiuso, riporta la Bbc, è perché esulava dall‘interesse dei ricercatori in un campo che resta tra i più ostici. Recentemente Facebook ha chiuso la chatbot Messenger proprio perché non rispondeva adeguatamente al 70% delle domande degli utenti.

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