di Giuliana Quattromini

E’ sotto gli occhi di tutto lo sfascio dei diritti dei lavoratori ed è grave la situazione di disagio in cui versano i giuslavoristi italiani. Alle endemiche problematiche di gestione degli uffici giudiziari si accompagna una sostanziale dismissione del processo del lavoro. Ma sarebbe oltremodo miope restringere lo sguardo sul pianeta giustizia del lavoro soffermandosi esclusivamente sui problemi di carenza di organico, logistica, attrezzature ed altre carenze; né fornirebbe un contributo esaustivo limitare tali problematiche – che pure sono tangibili e che non trovano apparente giustificazione alcuna – senza affrontare il più vasto problema di come viene amministrata la giustizia del lavoro.

Come avvocati dei lavoratori abbiamo più volte lanciato un vero e proprio allarme sui guasti della “giustizia del lavoro” e sulla la fine del processo. La genesi del problema è complessa e multifattoriale. Una cosa però è certa, determinante ed inconfutabile: l’eccessiva burocratizzazione del ruolo del giudice del lavoro che appare decontestaualizzato e fuori dai fenomeni sociali nei quali si agitano le problematiche dei lavoratori su cui quotidianamente sono chiamati a decidere.

Fenomeno gravissimo, ad esempio, è costituito dal fatto che ci siano lavoratori condannati alle spese processuali; è altrettanto grave che si sia consolidata la prassi della compensazione delle spese giudiziali anche in caso di accoglimento della domanda e ciò sia in primo grado che in appello. Il lavoratore di fatto sempre più penalizzato assiste a una quotidiana denegata giustizia, divenuta oramai insostenibile. E non basta il flagello della precarizzazione dei rapporti di lavoro, delle quotidiane cosiddette morti bianche (proprio perché datori di lavoro senza scrupolo assumono in nero), a tutto questo si aggiunge a volte anche l’insensibilità di un magistrato al quale proprio per la delicatezza della materia trattata viene chiesto qualcosa di più. Invece la percentuale dei rigetti dei ricorsi di lavoro, dei decreti ingiuntivi, è ormai elevatissima e rischia di farsi strada una giustizia ingiusta proprio nei riguardi della parte debole del rapporto di lavoro.

Purtroppo, quasi uniformato a questo declino dei diritti sociali, si registra un calo di tensione nelle decisioni della magistratura del lavoro che pure sarebbe destinata a svolgere un ruolo primario e ad avere un’incidenza notevole nella realizzazione dei diritti fondamentali della persona. Inoltre, tra le gravi carenze va annoverata quella del processo telematico sbandierato come la grande rivoluzione che avrebbe portato alla definitiva risoluzione dei problemi della giustizia.

In realtà la cosiddetta innovazione del processo telematico è solo fumo negli occhi per chi non conosce i concreti meccanismi del funzionamento dell’apparato giustizia: di fatto, le cancellerie sono letteralmente paralizzate dalla montagna di atti da inserire in un sistema che definire primordiale è un eufemismo; sugli avvocati sono stati scaricati non solo i costi del processo telematico ma anche gli oneri che un tempo erano a carico dei cancellieri, e a ciò si aggiungano le ulteriori conseguenze di ordine processuale che complicheranno il loro lavoro; e i magistrati sono anch’essi oberati da una valanga di atti e documenti sulla cui autenticità ci sarà, in seguito, molto da discutere. Non pochi problemi pone infatti talvolta la sovrapposizione tra termini processuali e termini dettati dal processo telematico con la cadenza delle famigerate pec di accettazione da parte delle cancellerie.

La soluzione auspicabile dovrebbe condurre alla adozione del doppio binario tra atti digitali e cartacei, anche in considerazione della continua richiesta della cosiddetta copia di cortesia, ma sappiamo che l’adozione di tale sistema sembra, allo stato, molto contrastata. Di fatto la assoluta mancanza di autorevolezza del nostro ruolo (ad es. crisi di rappresentanza), porta a una progressiva esautorazione dell’attività defensionale e a un disagio insostenibile di guisa che urge più che mai una riflessione/denuncia sul futuro dell’avvocato, da promuovere in ogni dove e con tutti i mezzi possibili.

* Iscritta all’Albo dei Cassazionisti dal 2006. Si occupa Diritto del Lavoro e Sindacale, dalla parte dei lavoratori e delle Organizzazioni Sindacali che li tutelano. E’componente del gruppo di lavoro istituito presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli sulle problematiche inerenti gli aspetti sostanziali e processuali della materia. E’ autrice di numerose pubblicazioni su riviste specializzate e relatrice in numerosi convegni. E’ stata vice-presidente dell’associazione AED-Avvocati Europei Democratici.

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