Una rete che si è chiusa facendo scattare le manette ai polsi di 543 persone. È il bilancio del maxi-blitz antiterrorismo ordinato stanotte in Turchia. Le forze di sicurezza hanno catturato 412 presunti affiliati ai ribelli curdi del Pkk in raid compiuti in 21 province, mentre 131 sono i sospetti jihadisti del sedicente Stato islamico finiti in manette in 13 province, secondo quanto reso noto dal ministero dell’Interno di Ankara. Nel corso delle operazioni sono stati sequestrati armi, munizioni e numerosi documenti. I blitz sono una chiara risposta all’attacco di martedì alla stazione di polizia a Diyarbakir e in piena vigilia elettorale. Un attentato rivendicato appena ieri dal Pkk, quando mancano 3 giorni al cruciale referendum sul presidenzialismo.

“È forse una coincidenza il fatto che queste organizzazioni terroristiche stiano rivolgendo le armi contro di noi? Ovviamente no. Anche se i nomi e le rivendicazioni di questi gruppi sono differenti, il loro obiettivo è la Turchia”, ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan lanciando nuove accuse che mettono sullo stesso piano il Pkk, l’Isis e il movimento dell’imam Fetullah Gulen.

Il presidente è intervenuto nella notte a Istanbul in occasione di una cerimonia in ricordo delle vittime del tentativo di golpe dello scorso 15 luglio.  Gulen, che vive in esilio in Pennsylvania dal 1999, è accusato dal governo di Ankara di essere l’ispiratore del fallito colpo di stato del 15 luglio. Parlando della lotta al Pkk, Erdogan ha poi affermato che “10.500 terroristi sono stati neutralizzati negli ultimi 20 mesi”. Riferendosi all’Isis, il leader turco ha ripetuto come il gruppo che “sostiene di agire nel nome dell’Islam colpisca invece soprattutto i musulmani e i valori dell’Islam”.

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