Vent’anni di carcere per l’omicidio di Stefano Masala e di Gianluca Monni. È la sentenza emessa dopo sei ore e mezza di camera di consiglio dal collegio presieduto dal giudice Antonio Minisola nei confronti di Paolo Enrico Pinna, il giovane di Nule che oggi ha 19 anni. Di Masala, 29enne compaesano di Pinna, si persero le tracce la sera del 7 maggio 2015, mentre Monni, diciannovenne di Orune, venne ucciso l’indomani mattina mentre attendeva l’autobus per andare a scuola. Saranno le motivazioni, che saranno depositate entro 45 giorni, a spiegare nei dettagli la condanna emessa dal Tribunale per i minori di Sassari.

I giudici hanno accolto la richiesta formulata dal pm della procura dei minori, Roberta Pischedda, e sostenuta dai legali della famiglia Monni, Antonello Cao, Rinaldo Lai e Margherita Baraldi, e dalla legale della famiglia Masala, Caterina Zoroddu. Gli avvocati dell’imputato, Agostinangelo Marras e Angelo Merlini, annunciano il ricorso in appello:”Ci pare che ci siano tutti gli elementi, purtroppo non sono stati presi in considerazione”.

“Ora ci devono restituire Stefano”, dice dopo la sentenza Marco Masala, il padre del ragazzo di cui non si è mai ritrovato il corpo. “A prescindere dal verdetto, chiediamo la verità”, ha detto l’uomo prima che il Tribunale dei minori condannasse Pinna per l’omicidio del figlio. Lo scorso anno Masala ha perso anche ala moglie. “Nessun tribunale lo potrà mai stabilire, ma a ucciderla è stata questa vicenda”, dice ancora l’uomo sottolineando il fatto che per lui e per il resto della famiglia seguire la vicenda processuale è stato doloroso. “È stato offeso il suo ricordo”, ha detto durante la lunghissima attesa della sentenza, iniziata verso le 9 e 30 e finita poco dopo le 16. “Per i parenti di Pinna si era suicidato, per i loro legali avrebbe addirittura ucciso Gianluca Monni invece Stefano era un bravo ragazzo non era in grado di fare del male a nessuno”.

“Gli abbiamo detto: per Pasqua ti portiamo l’uovo. Ma lui ha risposto: Mamma che dici? Io a Pasqua sono a casa, con voi. E adesso chi glielo dice a questo ragazzino?”, è invece la prima reazione di Roberto Pinna, il padre dell’imputato condannato. “Aspettiamo le motivazioni, voglio proprio vedere cosa scrive questo giudice”, dice l’uomo.”Questa sentenza ce l’aspettavamo, d’altronde se non l’avessero condannato sarebbe crollato anche il processo di Nuoro, dovete scrivere anche questo”, dice sempre il padre del ragazzo condannato. Insieme a Paolo Enrico Pinna sotto accusa c’è anche il cugino Alberto Cubeddu, di Ozieri. La procura di Nuoro ha chiuso l’indagine a suo carico e lo indica come esecutore materiale dell’uccisione di Monni. Presto il gip dovrà decidere se rinviarlo o meno a giudizio. “Mio figlio ora sta crescendo, ma è un ragazzino, e quando c’è stata quella rissa puzzolente aveva sedici anni appena”, aggiunge Pinna senior riferendosi a quanto avvenuto il giorno dell’autunno 2014.

Paolo Enrico Pinna, infatti, era stato picchiato e umiliato, e privato della sua pistola da parte di Monni e dei suoi amici durante una festa di paese la notte tra il 13 e il 14 dicembre 2014. In quella circostanza Pinna avrebbe infastidito la fidanzata dello studente di Orune, che ha reagito picchiando il minorenne. E quando Pinna ha puntato una pistola sullo studente, gli amici di Gianluca Monni lo hanno disarmato e pestato violentemente. Per l’accusa, e da oggi anche per il tribunale dei minori di Sassari, l’omicidio di Gianluca Monni sarebbe stato meditato, architettato ed eseguito per vendicare l’affronto di quella sera.

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