Il progetto distribuzione della pillola abortiva Ru486 nei consultori di Roma “veicola il messaggio dell’aborto facile in un contesto di finta umanizzazione e rappresenta un passo ulteriore nella diffusione di una cultura della chiusura all’accoglienza della vita umana e della deresponsabilizzazione etica”. Così il Vicariato di Roma condanna la decisione – ancora in fase di approvazione – della giunta Zingaretti e chiede “alle autorità regionali di riconsiderare tale decisione che avrebbe come vero risultato, da una parte, apportare un ulteriore danno alla percezione del valore della vita umana come bene comune e, dall’altra, lasciare una volta di più la donna sola ad affrontare il dramma dell’aborto”, che rappresenta sempre “una sconfitta per tutti”.

Il Vicariato parla di “profondo sconcerto e forte preoccupazione” e sottolinea come i consultori oggi siano “ormai quasi privi di personale” e di come “molti” versino “in stato di abbandono“. Inoltre, prosegue la nota riportata da Radio Vaticana, “sono ben lontani dall’offrire la dichiarata ‘assistenza multidisciplinare‘ e faticano ad assolvere al loro compito di sostegno, informazione e presa in carico della donna di fronte a una decisione sempre drammatica. Con questa scelta i consultori verranno ridotti a uffici di mera distribuzione di farmaci abortivi, acuendo nel loro personale le questioni relative all’obiezione di coscienza“.

Un tema che era tornato al centro del dibattito poche settimane fa, in occasione del concorso indetto dal San Camillo di Roma e finalizzato all’assunzione di medici che si occupassero dell’interruzione di gravidanza. In quel caso la Cei si era espressa contro il bando, perché “snatura l’impianto della legge 194 che non aveva l’obiettivo di indurre all’aborto ma prevenirlo”. Il Vicariato, poi, ritiene che la scelta della distribuzione della pillola nei consultori “nega nei fatti uno degli obiettivi della legge 194/78, quello della tutela sociale della maternità e della pianificazione di strategie di prevenzione che agiscano sulle cause culturali, economiche e psicologiche del ricorso all’aborto. Strategie che proprio nei consultori dovrebbero trovare un luogo elettivo di realizzazione”.

Inoltre, “di non minor rilevanza sono i rischi sanitari e la mortalità connessi all’utilizzo della pillola abortiva, notevolmente superiori a quello dell’aborto con procedura chirurgica. La stessa legge 194, nell’art. 8, prevede che l’aborto avvenga in regime di ricovero a tutela della salute della donna“. Il Vicariato ritiene inoltre che il “ricovero ospedaliero” non sia “un ‘fatto ideologico’”, ma sia al contrario “necessario per la sicurezza della donna. Piuttosto, è ideologico spacciare come ‘riorganizzazione della rete sanitaria della Regione Lazio‘ l’introduzione della RU486 nei consultori, – sostiene ancora il Vicariato – distraendo l’attenzione mediatica dalle reali priorità della sanità laziale quali l’assistenza domiciliare che non decolla, i pronto soccorso intasati, le infinite liste di attesa, la mancata presa in carico degli anziani e dei disabili“.

Ma a introdurre novità sulla Ru486 non è soltanto il Lazio: partirà il 18 aprile, o al più tardi entro la fine del mese, la sua somministrazione in ambulatorio a Firenze all’Iot, presidio della Asl Toscana centro. Ed è la prima volta nella regione che il servizio di interruzione di gravidanza farmacologica avviene fuori dai reparti di degenza ospedaliera. Presso l’Iot, struttura multiambulatoriale che chiude la notte, ma che ha anche letti per la degenza day hospital, si svolge già l’attività di interruzione volontaria di gravidanza in via chirurgica, ed è presente anche un consultorio.

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