Due settimane d’attesa e paroloni, il ritorno di Higuain a Napoli, il duello tra Sarri (che ha appena vinto  la “panchina d’oro”) e Allegri (che ha vinto tutto il resto), la rivalità storica fra le tifoserie. Ma il big match era solo nella testa dei napoletani: sul campo c’è stato poco spettacolo e nessuna emozione. La Juve al San Paolo si è presentata con ampio turnover e la testa altrove, come per una trasferta qualsiasi prima di ben altri e più importanti impegni. E ha avuto pure ragione: col minimo sforzo, ha portato a casa l’obiettivo quasi dichiarato del pareggio, che consente di tagliar fuori definitivamente gli azzurri dalla corsa scudetto e tenere a debita distanza anche la Roma, ora ultima (presunta) rivale, in attesa dell’altro scontro diretto dell’Olimpico.

Napoli-Juventus è stato un po’ il manifesto di tutta la stagione. Da una parte il vorrei-ma-non-posso partenopeo: tanta qualità ed entusiasmo, trame raffinate e voglia di spaccare il mondo, senza quel pizzico di cattiveria e concretezza che passa la distanza tra una bella squadra ed una grande squadra, e che di fronte alle vere big (la Juve, o il Real Madrid) si traduce in incompiuta. Dall’altra la superiorità bianconera, totale: tecnica e tattica, fisica e mentale. Il solito no contest. E non perché non ci sia stata partita: sulla gara secca il Napoli è sempre competitivo, anche ieri una volta di più ha messo alle corde gli avversari. Ma perché le due squadre viaggiano proprio su lunghezze d’onda e dimensioni differenti: per il Napoli la sfida (doppia: c’è pure il ritorno di Coppa Italia, forse altrettanto inutile) alla Juventus era diventata quasi la partita dell’anno, i 180 minuti in cui vendicare l’ennesimo scudetto che con tutta probabilità finirà a Torino e le ingiustizie arbitrali che hanno contribuito al dominio bianconero; per la Juventus, solo un match come tanti.

Così l’ha interpretato Massimiliano Allegri. Formazione rimaneggiata, ampio turnover: un paio di titolarissimi come Dybala e Alex Sandro in panchina, insieme ai vari Cuadrado, Barzagli e Dani Alves. Per mantenere l’ossatura del nuovo 4-2-3-1 ha schierato a destra addirittura Lemina, che non giocava titolare da ottobre. Esperimenti e cambi più da testacoda che da big match. Il campo ha detto che ha fatto bene. La Juventus aveva essenzialmente due cose da chiedere alla trasferta del San Paolo: non perdere per la classifica ed il morale, e non stancarsi troppo, visto il tour de force di aprile (otto partite in calendario in un mese, tra cui la doppia sfida decisiva contro il Barcellona. Con una partita accorta e anche brutta, troppo difensiva e molto fisica, li ha centrati entrambi. E può guardare avanti. Al “re-match” di mercoledì, valido per il ritorno di Coppa Italia (si parte dal 3-1 dell’andata), in cui probabilmente andrà in scena lo stesso identico copione. Ma soprattutto ai quarti di Champions League contro il Barcellona: il vero obiettivo stagionale per la Juventus, l’unico vero big match da aspettare per tutti gli appassionati, juventini e non. Il campionato è finito: la Juve gioca solo per non riaprirlo. E lo spettacolo ne risente, come per la partita di ieri sera, che ha tradito le grandi attese. Ma che sarà mai un po’ di delusione in più per la Serie A più noiosa dell’ultimo decennio.

Twitter: @lVendemiale

Articolo Precedente

Barzagli lascia il ritiro dell’Italia per motivi personali. Poi lo pizzicano in discoteca. Polemica sui social

next
Articolo Successivo

Ten Talking Points, chance scudetto per la Roma? Bevete meno, la Juve lo ha vinto ad agosto

next