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Jacuzzi sposta la produzione di alcuni modelli di Spa dagli Stati Uniti all’Italia

La multinazionale del benessere e dell'idromassaggio ha scelto Valvasone Arzene, in provincia di Pordenone, per rafforzare la propria presenza nei mercati europei e asiatici, dove il settore del turismo legato al wellness è in forte crescita. Il presidente della divisione Emea-Asia: "Investimenti per un milione di euro"
Jacuzzi sposta la produzione di alcuni modelli di Spa dagli Stati Uniti all’Italia
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La Jacuzzi, multinazionale italiana del benessere per la produzione e commercializzazione di Spa e idromassaggio, ha deciso di trasferire la sede di produzione di alcuni modelli dagli Stati Uniti all’Italia. Più precisamente a Valvasone Arzene, in provincia di Pordenone, dove lavorano 200 dipendenti e le linee di fabbricazione sono già attive. Uno smacco, non intenzionale, a Donald Trump e al suo “America First”, con lo scopo di avvicinare la produzione ai mercati potenzialmente più promettenti: Gran Bretagna, Centro e Nord Europa, Russia e la stessa Italia.

Per potenziare la propria presenza nel continente e in Asia, il gruppo Jacuzzi, fondato da sette fratelli italiani a Chino Hills in California nel 1917, ha scelto proprio il Friuli. Non solo perché la filiale produttiva esiste da 50 anni, ma anche per le competenze, la competitività manifatturiera e gli standard qualitativi elevati che si uniscono ai vantaggi logistici. Questa decisione segue l’apertura avvenuta da pochi mesi del quartier generale europeo per marketing, sales e contract proprio a Milano.

Nella provincia di Pordenone saranno creati “prodotti di fascia premium”, dichiara Fabio Felisi, presidente e general managar di Jacuzzi Emea-Asia. “Sono previsti investimenti nel settore ricerca e sviluppo superiori a un milione di euro – aggiunge  – nei prossimi tre anni Jacuzzi otterrà un incremento del 50% per volumi produttivi e di affari nei mercato delle Spa, questo anche grazie allo sviluppo del settore contract: il nostro obiettivo è quello di accrescere la nostra quota per l’area Europa al di sopra del 20 per cento”.

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