E che doveva fare un ospedale come il San Camillo di Roma, dove si praticano oltre 2000 aborti l’anno e gli obiettori sono l’enorme maggioranza, per continuare a garantire il servizio? Assumere ginecologi che poi magari avrebbero praticato l’obiezione di coscienza, tornando, così al punto di partenza? Bene ha fatto la Direzione a indire un concorso che, contrariamente a quanto si è scritto, non chiedeva esplicitamente ai medici assunti di non essere obiettori di coscienza ma più chiaramente, e semplicemente, spiegava il lavoro che sarebbero andati a fare: aborti, appunto, perché non c’è abbastanza personale per farli. Qual è stato il diritto leso, in questo caso? Quello di chi si è presentato in quanto ovviamente non obiettore e disposto a lavorare in quell’ambito? Quello di chi, invece, non si è presentato, esercitando tranquillamente la sua obiezione di coscienza non andando al concorso?

È incredibile. Si crea un putiferio perché un ospedale chiama due medici per garantire un diritto che è scritto in una legge dello Stato. Una cosa inaudita, che non sarebbe potuta accadere in nessun altro paese al mondo, anche perché altrove, i medici obiettori sono pochissimi (in Svezia pari allo zero). È una realtà che esiste solo in Italia in proporzioni così abnormi, con Regioni dove praticamente è impossibile abortire, e altre – la maggioranza – dove si possono aspettare settimane e settimane: una forma di violenza per chi è incinta ma ha deciso di non portare avanti la gravidanza e che chiede solo una cosa: di poter abortire subito, perché psicologicamente è durissimo aspettare.

Mi chiedo: ma in tutti questi anni, e mesi, quale voce si è alzata per difendere il diritto delle donne ad abortire, ogni giorno leso, violato, disprezzato? Chi ha mai alzato una mano per quei medici obiettori che fanno questo lavoro “sporco”, vengono marginalizzati, non fanno carriera, perché magari credono nel diritto protetto da una legge dello Stato? Si dice che la 194 è stata violata: ma come? Ma quando? Invece viene violata ogni volta che una donna si presenta in un ospedale e le viene chiesto di andarsene, oppure deve aspettare un tempo inverosimile. Ed è veramente avvilente vedere la ministra della Salute, una donna, non spendere una parola a favore delle donne e preoccuparsi solo del clamore mediatico suscitato poi da chi? Dalla Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, che mai e poi mai dovrebbe interferire con questioni che riguardano lo Stato italiano e in particolare la salute delle donne.

Speriamo che nessun giudice si pronunci su questa decisione, definendola incostituzionale (perché ci sarà chi la porterà davanti al giudice, sicuramente, non avendo altro di meglio da fare nella vita). Perché incostituzionale non è. A violare la Costituzione è semmai un sistema sanitario dove la percentuale di medici obiettori (alcuni dei quali sono stati, tra l’altro, trovati a praticare aborti a pagamento nei loro studi), è talmente alta da rendere veramente arduo, ormai, abortire rapidamente, com’è giusto che sia; o senza spostarsi per centinaia di chilometri. Come invece accade ogni giorno, nel silenzio dei media. E del ministero della Salute.

Ma poi, infine, mi chiedo: se i medici assunti fossero al cento per cento obiettori? Non ci sarebbero più aborti? È evidente che la questione dell’obiezione di coscienza pone un problema. Bisognerebbe mettere tetti, ma anche in quel caso i paladini dell’obiezione griderebbero all’incostituzionalità. Invece la soluzione del San Camillo è davvero giusta: devo assicurare un servizio, e per assicurarlo mi servono tot medici che pratichino aborti. Faccio un concorso per assumere chi effettivamente può svolgere questo servizio, lasciando liberi gli obiettori di rispettare la loro libertà di coscienza non prendendone parte. Scommettiamo che improvvisamente tanti ginecologi anti-aborto si trasformerebbero in zelanti abortisti? Troppo comodo invece essere interni, e potersene lavare le mani, senza conseguenze. Anzi, pare, facendo grandi carriere.

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