Non c’è più, nel nuovo presidente-eletto, alcuna ambizione di servire come modello e guidare il mondo. La cosa, peraltro, è stata molto chiara sin dalla fase della campagna elettorale. Trump ha più volte espresso la sua scarsa considerazione nei confronti dei vecchi sistemi di alleanze – per esempio la Nato, definita “obsoleta”; ha fatto a pezzi la nozione degli Stati Uniti “mediatori” nelle grandi crisi internazionali – una posizione evidente nell’appoggio unilaterale al governo di Netanyahu nelle trattative con i palestinesi; soprattutto, ha chiarito che l’espressione America First significa “che gli Stati Uniti non saranno più i guardiani del mondo”.

La portata epocale delle posizioni in politica estera di Trump è stata avvertita da pochi, durante la campagna elettorale. Tra questi pochi, c’è stato per esempio Thomas Wright, un esperto di affari internazionali alla Brookings Institution, che una settimana prima del voto di novembre, in un tweet, scriveva: “Piuttosto chiaro che questa è la più importante elezione al mondo dopo le due elezioni tedesche del 1932”, quelle che portarono all’ascesa al potere di Hitler. A richiesta di un chiarimento, Wright spiegava che non intendeva fare un paragone tra Trump e Hitler, ma piuttosto sottolineare come un’eventuale vittoria di Trump avrebbe completamente rivoluzionato l’ordine internazionale, l’economia globale, la geopolitica, il sistema liberale che gli Stati Uniti hanno garantito per decenni.

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Trump cambia la politica estera: Usa mai più guardiani del mondo, sì ad alleanze variabili in base agli accordi economici

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