L’ordinanza ricalcava quelle già adottate da molti comuni d’Italia: limiti orari sull’utilizzo di slot e videolottery, per aiutare a contrastare la ludopatia. Ma nei sette mesi di applicazione i giocatori altro non facevano che percorrere pochi chilometri, e andare a spendere nelle macchinette del comune più vicino, senza fasce giornaliere. Così pochi giorni fa, Lorenzo Minganti, sindaco di Minerbio, una realtà di 8mila abitanti della provincia di Bologna, ha alzato bandiera bianca e ha deciso di ritirare il provvedimento. Diventato, a suo parere, “irragionevole”: “Abbiamo avuto solo danni alle nostre attività commerciali, senza alcun beneficio per la salute pubblica”.

La stop di Minganti, annunciato e spiegato anche sulla sua pagina Facebook, ha aperto un caso, sollevando un dibattito sulla reale efficacia di alcune scelte comunali. “La vicenda è molto semplice – racconta –. L’ordinanza, emanata il 5 maggio del 2016, ammetteva l’utilizzo delle slot e delle macchinette di videolottery installate nei tabaccai e in tutti i pubblici esercizi solo dalle 10 alle 13, e dalle 17 alle 22. L’avevamo approvata perché pensavamo davvero che potesse servire a ridurre la ludopatia. E che ci seguissero anche gli altri comuni qui intorno”. Invece Minerbio si è trovato isolato. “Di 15 comuni del nostro distretto socio-sanitario – punta il dito Minganti –  8 hanno approvato l’ordinanza, 2 l’hanno adottata con modifiche, e altri 5 non l’hanno adottata proprio”.

Una solitudine che ha vanificato lo sforzo, perché, racconta il sindaco, ha dato vita a una sorta di “migrazione del gioco”. Molte persone infatti invece che rinunciare alla macchinetta hanno semplicemente preferito andare nelle città limitrofe, distanti pochi minuti di auto. Bisogna considerare infatti che il comune di Minerbio da solo copre un’area di pochi chilometri quadrati. “Quando ad aprile avevo presentato il provvedimento, i tabaccai non erano certo entusiasti, ma avevo scelto di tenere la linea dura e anche loro alla fine se ne erano fatti una ragione. Solo che le cose non sono andate come pensavamo. Gli esercenti sono tornati e mi hanno raccontato che non avevano avuto solo il danno dal minor gioco, ma avevano perso anche la clientela di pranzi e colazioni. Persone che avevano preferito tirare dritto verso qualche altro comune. Insomma un danno economico maggiore, ma senza nessun risultato sul fronte della lotta alla ludopatia”.

Da qui la scelta della revoca. Troppe le perdite per bar, locali e tabaccherie. “Per gli esercizi commerciali l’ordinanza era diventata un sacrificio intollerabile”. Minganti però ci tiene a precisare che non si tratta di una resa. E infatti si dice pronto a riprovarci. “Ho chiesto al distretto di sederci al tavolo per scrivere un’ordinanza condivisa, che vada bene a tutti i sindaci. Così da adottarla poi collettivamente. Perché a macchia di leopardo non si può fare: o tutti o niente”.

Sulla vicenda è intervenuto anche l’assessore regionale alla Legalità Massimo Mezzetti, che all’agenzia Dire ha detto di comprendere “la scelta del sindaco”, perché “se un comune rimane isolato, l’efficacia delle ordinanze per limitare le slot è limitata”. Secondo il Movimento 5 stelle invece il “caso Minerbio” è diretta conseguenza dell’immobilismo della giunta regionale, che non fa nulla per aiutare quelle amministrazioni che si muovono per contrastare il gioco d’azzardo. “I Comuni sono costretti ad alzare bandiera bianca e ad arrendersi alla dittatura delle slot machine” ha commentato il consigliere regionale Andrea Bertani. La Giunta e il Pd invece “che sostenere quelle amministrazioni che volevano limitare l’azzardopatia ha preferito pratiche attendiste, abbandonandole di fatto al loro destino”.

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