Per la Costituzione il regolamento spetta alle Camere, ma il fronte del “Sì” si porta avanti e fa circolare una bozza. Un “memorandum” predisposto in gran segreto da giuristi e studiosi, chiamati dalla dirigenza del Pd, in collaborazione con uffici del ministro Boschi ma intercettato dall’Agi. Il suo presunto autore, l’ex senatore e costituzionalista Stefano Ceccanti, gela ogni speranza di saperne di più: “Non commento”.

Il dossier è di venti pagine suddiviso in norme da abrogare, da riformulare e da inserire. Il nuovo Senato avrà probabilmente un presidente in carica tre anni, scelto tra i sindaci e senza ballottaggio, con senatori-sindaci a rotazione a seconda del mandato e non in carica per cinque anni. E poi, tra l’altro, l’apertura del nuovo Palazzo Madama delle autonomie sarebbe solo per due sedute al mese. Ma non sono tanto o solo i contenuti della bozza il problema quanto la sua stessa esistenza, non a caso rimasta finora sotto traccia. Il motivo non è solo quello riferito da fonti Pd di “non distrarre dai contenuti propri del referendum” quanto il rischio di alimentare ancora la polemica sull’interferenza della maggioranza in questioni regolate dalla Costituzione.

Perché questo è il punto che sollevano i giuristi critici con la riforma, appena leggono la notizia. Caustico, ad esempio, il commento di Antonio D’Andrea: “L’articolo 64 della Carta cita espressamente i regolamenti perché sono espressione dell’autonomia interna di ciascuna Camera. Non per niente vengono definiti con maggioranza assoluta quando le camere si sono costituite, non prima. E’ una normativa fondamentale, di rilievo costituzionale che non può essere novellata da una parte sola, per via privata, nel caso di un partito”. In altre parole “è un altro frutto velenoso di quella cultura della maggioranza che ha fatto scempio della Costituzione e ora si insinua a dettare anche il funzionamento interno della nuova Camera”. Un intervento a gamba tesa che rileverebbe anche la debolezza intrinseca alla riforma: “Dentro non c’è nulla che spieghi il funzionamento del nuovo Senato. Ora si pensa di colmare quel vuoto dall’esterno, con una proposta di partito che interferisce ipotizzando regole che possono essere decise solo da organi eletti”.

Perché non c’è dubbio che quella bozza, certo non l’unica e  non l’ultima, finirà per costituire la traccia del regolamento su cui si andrà a lavorare semmai il Ddl Boschi avrà il via libera. “Dovrà essere subito operativo”, confermano al Corriere fonti vicine al dossier. L’obiettivo dell’iniziativa è dunque di redigere subito delle ipotesi in modo da orientare le scelte che potranno essere confermate da una commissione ad hoc o da indicazioni dell’ufficio di presidenza per consentire “l’avvio immediato della macchina”. Ma in che direzione? “Per il ruolo di presidente Renzi vorrebbe un sindaco”, spiega sempre al Corriere uno dei fedelissimi del premier, certificando che quelle regole non sono proprio neutre ma orientate al gradimento di pochi, fosse anche uno solo. Ma che cosa prevedono?

Lo stesso concetto di legislatura, stando al memorandum, non riguarderà più il Senato. I senatori non rimarranno in carica cinque anni ma si rinnoveranno in base agli esiti delle elezioni regionali o locali. Ecco perché si pensa a un presidente che duri tra i due e i tre anni. Che sarà scelto, stando al regolamento delineato dagli esperti del Pd, senza ballottaggio. Sulla ripartizione del nuovo Senato il documento accorda una preferenza all’ambito territoriale. In altre parole ci saranno capigruppo per regione e non per gruppo politico. E i gruppi di senatori quante volte si riuniranno? Come si organizzeranno le sedute, visto che il Senato – secondo la riforma – potrà avere 30 giorni di tempo per approvare le proposte emendative? L’idea è quella di far venire i senatori-consiglieri regionali a Roma un paio di volte al mese. “Magari – ipotizza un senatore del Pd – le Commissioni qualche volta si potrebbero riunire anche per via telematica”. E il vecchio Senato? Coi suoi costi di funzionamento rimarrebbe aperto per due riunioni al mese. Lo dice il regolamento.

Articolo Precedente

Referendum, può la Consulta rinviare il voto? I costituzionalisti dicono No

next
Articolo Successivo

Referendum, il comitato per il Sì se la prende con i giornalisti: “La7 viola par condicio con Travaglio e Padellaro”

next