di Enzo Marzo

La nostra non è una difesa dell’ignoranza, vogliamo soltanto osservarla un po’ da vicino. E andare un po’ più a fondo. Certo, il grillino Luigi Di Maio non perde occasione per dimostrare la sua impreparazione. Legge le email ma confessa di non capirle. Non azzecca un congiuntivo neppure per caso, fa rabbrividire collocando Pinochet in Venezuela, e così via. I giornali si scatenano, sparano titoloni a piena pagina in difesa della consecutio temporum. I maestri della penna si domandano perplessi: ma come fa a candidarsi alla presidenza del Consiglio uno che dimostra di non aver mai aperto un atlante? Come dar loro torto? Fa piacere vedere che la stampa con caparbietà e acribia compie il suo dovere di bacchettare i futuri potenti. Finalmente l’informazione svolge il suo compito… ma viene da pensare: ma perché i futuri potenti e non i potenti d’oggi?

Luca Lotti (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio  con delega all’informazione) pochi mesi fa in un suo editoriale su L’Unità, scrive: «La seconda guerra mondiale non era ancora finita». Si riferisce alle elezioni amministrative del 10 marzo 1946, ch’egli tranquillamente colloca in piena guerra guerreggiata. E perdipiù arricchite per la prima volta dall’elettorato attivo e passivo delle donne, concesso sotto le bombe da chissà chi. Forse da Mussolini? Si accenna anche alla prossima la Costituente, probabilmente convocata da Hitler. L’editorialista non si pone la domanda: “ma come? Elezioni in tempo di guerra?” E certo non si tratta di un lapsus, sfuggito mentre si parla in un comizio in piazza ma in meditato scritto Si dirà; ma Lotti governa soltanto le sorti dell’editoria italiana… Allora passiamo al Presidente del consiglio, che ha qualche responsabilità in più. L’elenco delle prove provate della sua “ignoranza” sarebbe troppo lungo. Ricordo solo il discorso a Mantova, dove per onorare la città “Capitale della cultura 2016” Renzi, dopo aver citato addirittura Virgilio comunica al mondo intero che «abbiamo un paese, il regno Unito, che vuole uscire dall’euro». I Gonzaga rabbrividiscono. È troppo recente rammentare lo svarione sulla “battaglia di Marzabotto”. Anche la Boschi sui partigiani ha detto la sua. Evidentemente il governo Renzi sulla seconda guerra mondiale non ne indovina una.

Ma, domando ai lettori, la conoscevate la cantonata di Lotti? I giornali, sotto botta delle sovvenzioni pubbliche e del servilismo volontario di troppi giornalisti, non ne hanno fatto parola. E dove avete letto di Marzabotto? Domando ai lettori di Repubblica: che Renzi non sappia che gli inglesi non hanno mai smesso di usare la sterlina lo avete appreso dal vostro giornale? Credo di no, i cronisti dell’avvenimento stranamente non lo riportavano… Però si sono riscattati stando attentissimi ai congiuntivi creativi di Di Maio.

Dato ai giornalisti e ai giornali servizievoli quel che spetta loro, mi tocca difendere i Di Maio e i Renzi e i Lotti e le Boschi, persino i Renzo Bossi. Ammetto, hanno gravissime colpe individuali e dopotutto dovrebbero rendersi conto che fare politica è un compito gravoso che necessita di una qualche  preparazione, e quindi scegliersi un’altra professione meno impegnativa, ma se inquadriamo la loro ignoranza nella generale catastrofe italiana dobbiamo concedere che hanno delle attenuanti. La loro formazione è avvenuta nell’”era Berlusconi”. Persino sul Giornale della famiglia se ne sono accorti. Il grande banalizzatore, Alberoni, qualche giorno fa giustamente ha criticato «la politica che è diventata sempre più spettacolo televisivo, satira, chiacchiera, rissa» e ha deprecato l’«abisso dell’ignoranza, del provincialismo» in cui viviamo. Analisi perfetta, stranamente scritta senza individuare i responsabili maggiori. Questi ragazzi che si sono fatti sotto l’egida di “Drive In” e di un presidente che nell’università di Vespa insisteva di voler conoscere Papà Cervi (morto 28 anni prima) potevano uscire diversi da quelli che sono? Se fossero usciti diversi se ne sarebbero scappati precipitosamente in massa fuori dal nostro paese invece di stare a “cazzeggiare” con Alfano. La loro gioventù è stata massaggiata da una scuola finita nelle mani rovinose di Luigi Berlinguer, Letizia Moratti e Maria Stella Gelmini (sì, quella di neutrini), tutti e tre dediti con grande fortuna h24 alla distruzione della scuola pubblica. I risultati sono davanti agli occhi di tutti.

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