Ci sono i circa 4 milioni spesi per progetti e studi di fattibilità rimasti lettera morta, e gli oltre 5 usati per costruire un polo logistico ferroviario oggi fantasma. Al confine tra Italia e Slovenia, i sindaci di Gorizia, Nova Gorica e San Pietro Vertoiba, che speravano di veder finalmente ricuciti da un binario luoghi vicinissimi per geografia, ma separati per anni dalla storia, dovranno ancora attendere. Le loro aspettative si sono sgretolate di fronte alle scelte delle istituzioni dei due Paesi, tra cui anche governo italiano e Regione Friuli Venezia Giulia, che dopo aver investito una montagna di denaro in studi e infrastrutture, poi hanno scelto di non completare i collegamenti e spostare i fondi europei su altre priorità.

Vicini ma disconnessi – Oggi dalla stazione di Gorizia passa la linea che collega Udine a Trieste e Venezia, mentre da quelle di San Pietro e Nova Gorica transita la ferrovia Transalpina che congiunge la capitale slovena Lubiana con Jesenice. Tra Gorizia e Nova Gorica ci sono 8 km della così detta “ferrovia internazionale”, ma nella realtà quei binari collegano ben poco: “Sono una tradotta merci, ancora con il sistema dello scambio telefonico. I treni passeggeri non possono transitarvi”, spiega Sandra Sodini, direttrice del Gruppo europeo di cooperazione dell’area (Gect-Go), creato dai tre sindaci per portare avanti politiche comuni nell’area, facendo del confine un’opportunità invece che un limite.

Da Rfi, la società del gruppo Ferrovie dello stato che gestisce le reti ferroviarie italiane, spiegano che sulla linea internazionale “è in corso un intervento di upgrading tecnologico del sistema di distanziamento in sicurezza dei treni che consentirà di aumentare gli standard di regolarità e puntualità della circolazione ferroviaria”. Lavori previsti nel contratto di programma tra Ministero dei Trasporti e Rfi, che costeranno in totale mezzo milione di euro. Ma questo, replicano dal Gect-Go, risolverà solo una parte delle criticità. “Il problema è che dalla linee internazionale ci si può immettere in quella italiana Udine-Trieste o in quella slovena Jesenice-Lubiana solo in direzione nord”. Venezia e Lubiana, in sostanza, destinazioni di maggior richiamo, rimangono tagliate fuori. Servirebbero due raccordi, lunghi in tutto meno di 1 km, chiamati tecnicamente “lunette“. E uno snodo che colleghi il terminal delle merci alla linee: “Il polo logistico è stato costruito nel 2006 spendendo circa 5,5 milioni di euro, in gran parte della Regione Friuli, ma al momento il costo di inversione di marcia dei treni non rende conveniente utilizzarlo”.

Soldi sprecati – Tra il 2010 e il 2013 due progetti finanziati da Bruxelles con circa 4 milioni di euro hanno dimostrato che queste infrastrutture erano fattibili, per un costo totale poco superiore: 4,7 milioni. Con diversi benefici: “Permetterebbero di collegare l’area di confine con le città e i porti di Capodistria, Trieste, Monfalcone, Venezia e gli aeroporti di Lubiana, Ronchi dei Legionari e Venezia”, continua Sodini. Non solo: “Ricucendo l’area si promuoverebbe il turismo sul fiume Isonzo, che ha ancora 10 km di natura incontaminata nell’area transfrontaliera, sulle piste ciclabili della zona e sulla ferrovia Transalpina slovena, che Lonely Planet considera una delle più belle del mondo”. Al Gect-Go l’anno scorso davano già la cosa per fatta: i soldi sarebbero arrivati dall’Europa attraverso il programma di cooperazione Italia-Slovenia. Da lì venivano le ingenti risorse che negli anni 2000-2006 e 2007-2013 le istituzioni dei due Paesi avevano già destinato a investimenti in trasporti nella zona di confine. A fine 2015, però, è arrivata la brutta sorpresa: “Ci aspettavamo che le autorità locali e nazionali, dopo aver investito negli studi di fattibilità, avrebbero deciso di far fruttare quei soldi e realizzare concretamente le opere. La stessa UE parla sempre di usare bene i fondi e capitalizzare gli investimenti. Invece, al momento di definire i settori a cui destinare le risorse del programma, hanno escluso i trasporti dalle priorità”, continua Sandra Sodini. Perché? Alla Regione Friuli Venezia Giulia, l’autorità che in Italia gestisce il programma di cooperazione, non hanno risposto alle domande de ilfattoquotidiano.it. “Quando abbiamo chiesto spiegazioni, ci hanno risposto che su quest’opera non c’era convergenza tra le parti. Si è deciso di destinare i fondi a settori come le Pmi e l’innovazione, dove si possono avere ricadute positive dirette e a breve termine. A Bruxelles sono convinti dell’importanza dell’opera, ma di questi tempi l’Europa è debole, e nonostante la commissaria europea ai Trasporti sia slovena, l’Ue non riesce a imporsi sui governi nazionali”, racconta la direttrice del Gect-Go.

Il richiamo del Parlamento europeo – Dell’importanza dell’opera, però, non parlano solo i tre Comuni dell’area. Il presidente della commissione Trasporti del parlamento europeo Michale Cramer ha inserito il collegamento tra i 15 prioritari per l’Europa, selezionati tra oltre 250, nell’idea, si legge in un rapporto del Comitato delle Regioni dell’Ue in cui viene ripreso l’elenco, che “al di là del costoso investimento nei grossi corridoi ferroviari (i così detti Ten-t), sia possibile ottenere considerevoli effetti con piccoli progetti”. Non solo: anche la commissione Lavori pubblici del Senato si è espressa a giugno scorso segnalando “il particolare valore strategico dei collegamenti ferroviari con l’Est Europa, per i quali appare essenziale il potenziamento dei nodi ferroviari di Udine e di Gorizia (quest’ultimo soprattutto per il completamento del raccordo tra la rete ferroviaria italiana e slovena)”. L’ultima speranza del Gect sono rimasti i finanziamenti gestiti direttamente da Bruxelles: “In autunno dovrebbe uscire un bando sui collegamenti mancanti. Anche realizzare intanto una lunetta sarebbe un buon inizio, potremmo collegare Gorizia alla ferrovia Transalpina e dare il via allo sviluppo turistico dell’area”.

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