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Omicidio stradale, la nuova legge è punto di partenza e non di arrivo

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“Per molti dei parenti delle vittime andare a raccogliere le firme per la legge è stata una ferita doppia, non una sorta di passeggiata di piacere, se tutto questo servirà a educare, a stare più attenti  al fatto che non ci si mette alla guida ubriachi o drogati, che la vita è un valore, se servirà a questo avremo fatto un cosa che rende l’Italia un Paese più giusto e più degno”: ha spiegato il premier Matteo Renzi firmando la legge.
Per il premier, inoltre, questa legge serve anche a “restituire la speranza che la politica è una cosa che  serve”, a “restituire valore alla vita e recuperare  attenzione per le vite dei figli e dei parenti delle  vittime. Poi, da domani, c’è da lavorare ancora di più per rendere le strade ancora più sicure”.

La tanto aspettata legge è  stata firmata e finalmente è un delitto perseguibile anche l’omicidio stradale. Quell’area grigia che rendeva possibile l’omicidio stradale finalmente è stata tolta e un omicidio è un omicidio anche al volante della propria automobile o del Tir.  Ma a poco servirà questo nuovo dispositivo se le priorità del governo continueranno ad essere le grandi opere stradali  e non la manutenzione delle strade abbandonate da decenni.

Il Global Status Report on Road Sefety di pochi anni fa commissionato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, indicava che l’Italia aveva stanziato nel 2009 per la sicurezza stradale 0,9 euro l’anno procapite contro una media di 10,9 euro dei 21 paesi europei che avevano fornito i dati in materia, con picchi che arrivano ai 20 euro l’anno della Spagna, 22 Norvegia e a 39 in Francia. Peraltro i finanziamenti in sicurezza stradale impegnavano lo 0,23% del Pil in Polonia, lo 0,13% in Francia,lo 0,12% in Estonia, lo 0,09 in Spagna, lo 0,4% nel Regno Unito, mentre l’Italia annoverava un inquietante 0,004%.

I finanziamenti per la sicurezza stradale sono così bassi (un decimo della  media europea)  da impedire qualsiasi azione di sviluppo e di miglioramento della sicurezza stradale. Le cause dell’alto tasso di mortalità registrato sulle strade italiane è  del 30% superiore al tasso medio dei paesi Ue15. La mortalità è in aumento tra i ciclisti (+8,8%), pedoni (+5,3%) e autisti dei camion (+4,8%). Siamo il Paese più motorizzato d’Europa, con 608 veicoli ogni mille abitanti contro una media europea di 487
automobili ogni mille abitanti.

Non solo, ma sono anche le più vecchie e inquinanti del vecchio continente. Come si  vede una situazione con problemi gravi da risolvere per la sicurezza e la vivibilità delle nostre città. I valori degli investimenti per sicurezza e manutenzione delle strade dovrebbero essere capovolti, invece si investe di più dove circolano meno automobili e Tir. Le province non hanno più una lira da spendere, l’Anas è perennemente sotto inchiesta ed i ricchi introiti delle concessionarie autostradali private e pubbliche restano saldamente nelle loro tasche.

Quei pochi soldi che sono spesi per sicurezza e manutenzione arrivano dalle multe e dalle contravvenzioni dei comuni – circa 1,1 miliardi – solo il 60% dei proventi delle multe, il resto finisce altrove. Sarebbe stato bello che ai familiari delle vittime venisse prospettata una nuova politica delle strade e della loro manutenzione. Mentre invece, il giorno dopo, il Presidente del Consiglio annunciava una nuova ripartenza, non degli investimenti per  la sicurezza e la manutenzione, ma del Ponte sullo Stretto.

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