Un partito sotto “una cappa di conformismo“, dove i vertici pensano che “i problemi dell’Italia li risolva un uomo solo”. Le parole di Pier Luigi Bersani inaugurano la manifestazione di Perugia organizzata dalla sinistra del Pd e annunciano altri giorni di polemiche all’interno del partito. Il nuovo ring su cui scontrarsi con Matteo Renzi è la riforma delle banche di credito cooperativo: “Se insistono sul principio di cancellare l’indivisibilità delle riserve di una banca cooperativa – dice Bersani dal palco di Perugia – io rispondo: ‘anche se metti dieci fiducie non te la voto’. Te la fai votare da Verdini che è un noto esperto di credito cooperativo”. Il riferimento è Perugia sinistraai processi che il senatore ex di Forza Italia deve affrontare per vicende legate al Credito cooperativo fiorentino. La posizione di Bersani non è inedita e se alla Camera, dove lui è eletto, il mancato voto di fiducia della minoranza Pd non farebbe troppo male al governo (il Pd ha una larga maggioranza che si deve aggiungere ai centristi), al Senato hanno già annunciato battaglia alcuni parlamentari democratici guidati da Massimo Mucchetti. “Su questo – conferma infatti l’ex leader – teniamoci pure una libertà” di voto. Nel merito in realtà arriva la risposta del capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato: “Come ho già avuto modo di dire a Bersani la soluzione sulle Bcc e sull’indivisibilità delle riserve è individuata ed il contributo al dibattito di tutti è utile. Non vedo la necessità di dividerci su cose su cui le soluzioni sono a portata di mano”.

Ad aprire i lavori di Perugia è stato l’ex capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza. In platea diversi esponenti dell’area della Sinistra rifomista: oltre a Bersani, anche Guglielmo Epifani, Vincenzo Visco, Vasco Errani. Tra gli ospiti Ciccio Ferrara, esponente di Sinistra italiana. “Siamo un partito e si ragiona insieme – continua Bersani – Se pensiamo che i problemi dell’Italia lo risolva un uomo solo… Solo un irresponsabile può dire di veder chiaro che succederà in Italia: la barca ha delle falle e deve navigare in mare inesplorato. In dieci anni ci si è ristretta la base produttiva e non ho gran fiducia che riusciamo a ricostruirla. Possiamo metterci, sennò siam gufi, tutto l’ottimismo. Ma il risultato è incertezza. L’incertezza sarà percepita ancora per lungo tempo. Non credo possano rassicurare quei linguaggi futuristici sulla velocità, vitali studi, su un mondo nuovo indefinito”.

Perugia sinistra 2Le anomalie per partito e governo, secondo Bersani, un po’ si identificano: “Segnalo un tema di deperimento organizzativo evidente, di permeabilità che viene rivendicata come un vanto. Il partito si verticalizza, si organizzano non linee di partecipazione ma di comando. Sta venendo su una cappa di conformismo che a me dà fastidio ed è molto pericolosa”. Non solo: “In Italia – prosegue l’ex segretario – c’è una proporzione tra servo encomio e codardo oltraggio. Consiglierei prudenza, anche nell’informazione. Quando è troppo è troppo”. Bersani insiste che la soluzione non è uscire dal Pd. Anzi, ironizza, “in uno di quei fulminanti retroscena che ci vengono offerti sui giornali, alcuni sono particolarmente ‘mandati’, è uscito che se nella prossima direzione se non si dimostra lealtà le nostre strade si dividono… Mi son chiesto: hai visto che vuole uscire dal Pd? Sarebbe una notizia…” sorride.

L’uno-due, le dichiarazioni di Pier Luigi Bersani dei giorni scorsi e l’intervista di Massimo D’Alema, hanno sciolto ogni dubbio tra i fedelissimi di Matteo Renzi. “C’è un asse evidente che ha un primo obiettivo: far perdere Giachetti a Roma, sabotare le amministrative ed avviare così un logoramento del segretario per poi decidere che cosa fare”, è la convinzione dei renziani, descritti come furiosi dall’agenzia Ansa. Il premier passerà al contrattacco sabato sera quando, intervenendo alla scuola di politica, metterà al muro la slealtà di dirigenti che fanno lezioni “solo per prendere di mira me“. La sinistra, per Renzi, è quella che prova a risolvere i problemi dei cittadini e a cambiare le cose, non quella che si chiude nei convegni e perde le elezioni. “E da quando ci siamo noi a Palazzo Chigi, l’Italia è uscita dalla crisi e si sono fatte riforme che mai nel passato”, rivendica il leader Pd mettendo nel mirino i governi di centro-sinistra del passato “quelli delle ammucchiate di partito – osservano i fedelissimi – che la maggioranza di oggi in confronto è niente”.

Davanti a questa incomunicabilità totale tra maggioranza e minoranza, la scissione è uno scenario non più così lontano. Ma i renziani sono convinti che, prima di dire addio, Bersani e D’Alema faranno di tutto per affossare Renzi. “Le amministrative – è la tesi – sono il primo tentativo di spallata, al quale seguirà una battaglia, più o meno sotterranea, per il no al referendum”. Per passare al contrattacco, il premier confida nei risultati del suo governo e in una campagna per le comunali difficile ma non data per persa. I renziani sono poi convinti che la minoranza non sia così compatta come sembra e che, ad esempio, Gianni Cuperlo non sia così convinto che “il gioco al ‘tanto peggio, tanto meglio’ di D’Alema sia la strada giusta”.

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