Il 2015 è stato un anno devastante per i petrolieri di tutto il mondo, Scozia compresa. E’ qui che è concentrata la maggior parte dell’attività petrolifera offshore del Regno Unito, con capitale Aberdeen.
Dall’inzio della petrol-crisi sono stati eliminati nel Regno Unito 70 mila posti di lavoro, fra interventi diretti e servizi all’industria petrolifera, la maggior parte dei quali in Scozia. Anzi, si calcola che nel 2015 l’oil and gas britannico abbia perso oltre sei milardi di sterline. Il collasso è imminente: a causa dei bassi prezzi del petrolio, della bassa competitività e degli alti costi di manutenzione, ben 150 piattaforme potrebbero essere chiuse nei prossimi anni. In questo momento su 1.5 milioni di barili di petrolio, 220 mila nel Regno Unito viengono estratti sottocosto. Cioe’ per un barile su sette, ci perdono. Secondo gli economisti, lo scenario resterà negativo finchè i prezzi resteranno sotto agli 80 dollari al barile. E quindi, visto che per ora il prezzo di 80 dollari al barile è un petrol-miraggio, l’idea è di chiudere i pozzi una volta per tutte. Il governo scozzese pensa a interventi di supporto per attutire i colpi, e “aiutare” la morente industria dell’oil and gas.
La crisi è maggiormente sentita ad Aberdeen, un tempo una delle città più ricche del Regno Unito. La stampa inglese riporta di ex lavoratori del petrolio che ora vanno alla mensa dei poveri, licenziamenti a raffica, crisi nel settore dell’edilizia, degli alberghi, dei taxi. E’ la maledizione di avere una economia non diversificata, ma petrolifera. Crolla il petrolio, crolla tutto, come nel gioco dei domino. Ad Aberdeen il numero di quelli che fanno la richiesta dei sussidi di disoccupazione è salito del 72% a dicembre. Si calcola che si potrebbe arrivare alla perdita complessiva di anche 400 mila posti di lavoro nel Regno Unito.
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