di Lorenzo Carota

crimea 640

Nell’ottobre del 2008 unità navali militari russe salpate dal porto di Sebastopoli, in Crimea, attuarono un blocco navale ai porti georgiani sul Mar Nero. Qualche mese dopo, la Turchia vietò il passaggio attraverso gli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli a due navi ospedale della Marina degli Stati Uniti. Oggi un vecchio trattato regionale sulla giurisdizione dei passaggi marittimi del Mar Nero potrebbe aprire scenari critici tra Russia e Turchia.

A causa della sua conformazione geografica, il bacino del Mar Nero è un’area particolare. Vi si affacciano sei Stati, ma soltanto uno di loro ha il controllo di accesso (e di uscita) alle sue acque: la Turchia, che ha la giurisdizione e la sovranità degli Stretti marittimi che separano convenzionalmente l’Europa dall’Asia e il Mar Mediterraneo dal Mar Nero. Basta guardare una mappa per capire l’importanza del controllo di questi Stretti nel contesto internazionale. A nord la crisi ucraina e l’annessione russa della Crimea hanno modificato i confini geografici e politici, innescando un processo non ancora esaurito di guerra a bassa intensità. A est s’incontra il Caucaso, regione che vive da decenni un livello di tensione non così alto da destare preoccupazioni, ma nemmeno così basso da poter essere ignorato. Se si guarda a ovest ci si ritrova immersi nella crisi migratoria, nella crisi greca e nella questione cipriota tuttora irrisolta, mentre a sud c’è il caos siriano, l’Isis, i curdi e tutte le criticità che caratterizzano l’area mediorientale.

Sia a nord, che a est, che a sud, la Russia figura tra gli attori principali con importanti interessi in gioco: Bosforo e Dardanelli sono l’unica via attraverso cui la flotta russa può raggiungere il Mediterraneo, e proprio dalle basi navali russe nel Mar Nero partono attrezzature, armamenti e rifornimenti per le operazioni militari che Mosca sta conducendo in Siria. Verso la fine del 2015, proprio a causa del supporto russo accordato al regime di Bashar al-Assad, la tensione tra Russia e Turchia – che di contro appoggia gruppi di ribelli turcomanni più o meno islamisti che operano lungo il confino turco-siriano – ha toccato livelli preoccupanti.

L’apice di questa tensione è stato raggiunto i giorni seguenti all’abbattimento di un cacciabombardiere russo Sukhoi Su-24 da parte di un F-16 dell’aviazione turca, avvenuto il 24 novembre 2015. Un’escalation quella tra Russia e Turchia che avrebbe effetti devastanti oltre che imprevedibili per tutta la regione, e il motivo sarebbe soprattutto geografico. Vediamo perché.

Nel 1936 nella cittadina svizzera di Montreux fu firmato da Unione Sovietica, Gran Bretagna, Francia, Turchia, Grecia e Romania, un accordo che regola tutt’oggi i termini della sovranità turca sugli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Quell’accordo, mai modificato, definisce le modalità di transito in tempo di pace e di guerra delle navi mercantili e delle marine militari tra il Mar Nero e il Mar Mediterraneo, la stazza delle flotte permesse, e la durata della loro permanenza nel mare interno. La Turchia in osservanza di quanto statuito da questo trattato internazionale deve permettere il libero passaggio delle navi mercantili di qualsiasi bandiera, tranne in alcune circostanze (in caso di guerra) dove i transiti possono venire parzialmente limitati. Discorso diverso per il passaggio delle navi da guerra appartenenti a paesi non rivieraschi, che deve essere comunicato con anticipo e deve rispettare determinate specifiche di tonnellaggio e di modalità di transito (come ad esempio i sottomarini che secondo l’art.12 possono transitare solo di giorno e in superficie).

Trattandosi di un accordo che riguarda la sovranità turca, la Convenzione di Montreux definisce anche le condizioni per cui Ankara ha il diritto di bloccare per motivi di sicurezza il passaggio di navi straniere dagli Stretti. Agli artt. 20 e 21 della Convenzione si stabilisce che in caso vi siano Paesi che “minacciano” la Turchia (e spetta alla Turchia decidere chi è la minaccia), il transito può essere unilateralmente bloccato. Immaginiamo ora cosa potrebbe accadere se la Turchia bloccasse le vie strategiche marittime che permettono alla Russia di accedere al Mediterraneo. Se il governo turco stabilisse che la Russia è una minaccia alla propria sicurezza, e applicasse questi articoli della Convenzione di Montreux, la Russia si vedrebbe privata di un asset strategico – l’accesso al Mediterraneo – che fin dal XVIII è stato motivo di tensioni, guerre e contrasti. Una limitazione che Mosca oggi non potrebbe accettare e che potrebbe dare il via a una ben più importante situazione di crisi.

Articolo Precedente

Siria, raggiunta intesa a Monaco: “Tregua entro 7 giorni e subito aiuti umanitari”

next
Articolo Successivo

Turchia, Erdogan minacciò l’Ue: “Dateci più soldi o vi invieremo i migranti”

next