Luigi Zingales, economista presso la Chicago Booth School of Business. Esiste un parallelo tra ciò che è avvenuto sui mercati in questi giorni di tensione tra Roma e Bruxelles e quanto avvenne nell’estate del 2011?
“Non credo. La percezione in Italia è che nel 2011 ci sia stata una cospirazione internazionale per deporre Berlusconi, cosa a cui io non credo. Certamente la credibilità di Berlusconi aveva raggiunto il suo picco minimo sia in Italia che all’estero e, in un momento di oggettiva difficoltà com’era quello che il Paese stava affrontando, questo fatto peggiorò la situazione. Oggi il problema non è tanto il calo di credibilità del governo Renzi, ma ci sono due ordini di problemi”.

Quali?
“Da un lato c’è un conflitto di interessi oggettivo tra l’Italia e la Germania. Questi conflitti vanno discussi e risolti e non semplicemente coperti come l’Italia spesso fa a livello europeo. Dall’altro, i rapporti quotidiani tra Bruxelles e il governo Renzi non sono idilliaci per questioni di carattere e di stile personale e non di natura politica. Oggi esiste la necessità di riportare una politica italiana in Europa, però questo obiettivo non si raggiunge esasperando le tensioni personali, ma con una strategia di lungo periodo. Che l’Italia non ha”.

Sul tavolo a Bruxelles ci sono diversi dossier molto delicati. Le vendite sulle banche sono cominciate dopo che la Bce ha avviato gli accertamenti sui crediti deteriorati, il che farà sì che Renzi andrà a discutere in una posizione di debolezza sul fronte politico interno. 
“Credo, ma forse sono un illuso, che la Bce operi a questi livelli in maniera disgiunta dalle strategie politiche tedesche. Diciamoci la verità, la vigilanza dei regolatori (Banca d’Italia e Consob) non è stata delle migliori. Lo abbiamo visto quando le grandi banche sono passate sotto la lente d’ingrandimento della Bce ed è venuta fuori una serie di problemi. La colpa non è della Bce cattiva, ma dei regolatori che non hanno fatto bene il loro lavoro”.

Renzi dice che gli stress test utilizzati da Francoforte usano “criteri strani che aiutano quasi sempre altri Paesi e non dell’Italia”.
“Speravo che la consuetudine di dire che è colpa dei giudici ogni volta che siamo sotto processo fosse morta insieme alla carriera politica di Silvio Berlusconi. Ma è un vizio nazionale ed è uno dei punti che ci porta a non avere credibilità a livello europeo”.

Cosa dovrebbe fare il governo?
“E’ inutile discutere a livello comunitario di cose su cui l’Europa ha ragione. Accettiamole e facciamo i sacrifici necessari, perché quando Bruxelles dice che la nostra vigilanza non ha funzionato e che le nostre banche hanno una quantità di crediti inesigibili molto elevata è vero. Non è colpa dell’Europa. Invece su altre questioni potremmo farci sentire. L’unione bancaria presupponeva un’assicurazione europea sui depositi e la Germania si rifiuta di rispettare gli accordi. Su questo il governo dovrebbe protestare, ma prima di farlo dovrebbe avere la coscienza a posto su tutto il resto”.

Su alcuni temi Renzi ha provato a farsi sentire.
“Sbattere i piedi in pubblico non serve, abbiamo visto come è andata a finire nel caso di Tsipras. Ci sono due modi per risolvere un problema. Uno è usare un pretesto per coprire i propri errori. L’altro è cercare di cambiare la politica europea. Se facciamo solo la prima cosa, prestiamo il fianco e ci troviamo isolati. È quello che è successo: nessun altro Paese si è alzato a difendere l’Italia. Mentre sulle questioni di principio qualche alleato lo troviamo”.

Quelli degli scorsi giorni alle banche sono stati attacchi speculativi?
“Purtroppo l’Italia è sempre quella descritta dal Manzoni, un Paese in cui quando manca la farina si impiccano i panettieri. Gli attacchi speculativi, se ci sono, avvengono perché la situazione oggettiva è debole. La combinazione tra il modello di funding delle nostre banche, la debolezza strutturale dovuta ai molti crediti inesigibili e l’introduzione del bail in crea una situazione di sfiducia che rende il sistema instabile. Purtroppo tutto può succedere e non c’è una consapevolezza sufficiente sia a livello di governo italiano che di Unione Europea”.

Renzi dice che il sistema bancario è solido. Si può stare tranquilli? 
“Generalmente quando uno dice ‘non mi dimetterò mai’ si dimette il giorno dopo. Certe affermazioni rendono le cose più complesse. Quello che oggi rende particolarmente instabile il sistema bancario italiano non sono i fondamentali, ma è la sfiducia nel sistema bancario, nelle istituzioni che lo regolano e nelle istituzioni che dovrebbero proteggere i risparmiatori. Se non eliminiamo la mancanza di fiducia è molto difficile che il sistema bancario possa sostenere l’economia e che quest’ultima riparta. Questo è il problema chiave dell’inizio del 2016, ma purtroppo c’è poca attenzione da parte del governo”.

Perché, secondo lei?
“Non lo so. Io mi attengo ai fatti e non ho visto nessun provvedimento in questa direzione. Se domani il governo presenta una riforma organica del sistema, volentieri mi rimangio tutto. Come ogni crisi, anche questa crisi rappresenta un’opportunità. Il sistema americano è cresciuto in termini di qualità e sicurezza dopo la crisi del ’29 perché Roosevelt capì il problema della paura e creò istituzioni pensate per proteggere i risparmiatori e dare loro fiducia nel mercato finanziario. Purtroppo, invece, noi non abbiamo questo tipo di istituzioni, o meglio ce le abbiamo sulla carta ma non nella pratica e il risparmiatore si fa facilmente prendere dal panico”.

I dossier sul tavolo a Bruxelles sono molti. Se dovesse dare un consiglio a Renzi, su cosa cederebbe e su cosa si impunterebbe. 
“Cedere sulla flessibilità di 0.3% del Pil non sarebbe così costoso per il Paese, mentre mi impunterei sul fatto che la Germania debba fare la sua parte. La mancanza di un’assicurazione sui depositi che sia garantita anche da Berlino aumenta la sfiducia nel sistema bancario. Ma io non sono un politico, non devo vincere le elezioni”.

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