Il 2015 ‘interno’ di Matteo Renzi si apre e si chiude con vicende legate al mondo bancario. Il 16 gennaio, alla prima direzione del Pd, il presidente del Consiglio annuncia il decreto ‘Banche Popolari‘ (la trasformazione di dieci istituti di credito in s.p.a., ndr). “Il sistema bancario è solido, è sano, è serio”, assicura. E aggiunge, rivolto ai giornalisti: “Qualcuno dice che le banche territoriali sono finite: tutt’altro“. Dodici mesi dopo esce il decreto ‘Salva banche‘, e i risparmiatori rovinati dalle ormai famose obbligazioni subordinate si scontrano con una realtà molto lontana dalle dichiarazioni di Renzi.

Il presidente del Consiglio era partito, al solito, motivato ed entusiasta: “La parola del 2015 sarà la stessa del 2014 e cioè ‘ritmo‘: a me interessa cambiare l’umore degli italiani”, è lo slancio della conferenza stampa di fine 2014, dove confessava di sentirsi “come Al Pacino in ‘Ogni maledetta domenica’: un coach che dice ai suoi che ce la possono fare”. Indubbiamente l’anno comincia alla grande. Il capolavoro politico dell’anno, Renzi lo serve subito: l’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica. Nei giorni precedenti agli scrutini per il successore di Napolitano, si raccomandava ai parlamentari di non spaventarsi: “Se su Twitter qualcuno fa pressione, magari con i troll…”. Elezione che, a fine gennaio, era ancora al centro degli incontri del cosiddetto ‘Patto del Nazareno‘ con Silvio Berlusconi. Incontri interrotti di lì a poco proprio per la volontà di Renzi di eleggere Matteralla. “Un anno decisivo”, lo definisce il premier, che però deve incassare qualche delusione sul fronte del partito che lo ha eletto segretario. Le candidate del Pd in Veneto e Liguria, Alessandra Moretti e Raffaella Paita non ce la fanno. Mentre l’elezione di Vincenzo De Luca in Campania si rivela una vera spina nel fianco. “Impresentabile” per la Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi, il neo governatore è soggetto alla legge Severino perché condannato in primo grado per abuso d’ufficio.

Eppure la voglia di ridere non manca all’ex sindaco di Firenze. E non mancano le gag: dalla cravatta regalata ad Alexīs Tsipras, alle battute rivolte al leader della Fiom, Maurizio Landini. Lui e Renzi firmano a Palazzo Chigi l’accordo Whirlpool. E Renzi non si trattiene: “E’ destino, non riesce a sedersi qui”, spara in direzione delle telecamere. Indimenticabile, poi, la sua rivisitazione dell’Inno di Mameli all’inaugurazione di Expo: “L’Italia s’è desta, siam pronti alla vita, benvenuti”. Ma non sempre si scherza. “Qui c’è un patto che noi abbiamo con gli italiani”, ribadisce Renzi, che sfida il Pd e il Parlamento con un massiccio ricorso al voto di fiducia su tutte le più importanti riforme, arrivando a sostituire i senatori ‘non renziani’ nelle Commissioni parlamentari cardine. La minoranza dem è avvisata: “Al Senato i numeri per andare avanti ci sono”. Piaccia o meno, le riforme sono spesso presentate al termine del consiglio dei Ministri, e l’Italia fa i conti con le famose slide. Per il testo effettivo della legge c’è tempo, si potrà consultare soltanto nei giorni e nelle settimane seguenti.

E se alcune delle riforme annunciate sono poi diventate legge, come la riforma della Rai, della Scuola, l’Italicum, la riforma della P.A. (della quale però si attendono i decreti attuativi) e tre dei quattro passaggi previsti per la riforma del Senato, altri annunci hanno avuto diversa sorte. Il ‘Masterplan per il Mezzogiorno‘, ad esempio, o l’introduzione del reato di tortura a seguito della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul blitz della polizia nella scuola Diaz durante il G8 del 2001 a Genova. Stesso destino per la legge che avrebbe dovuto garantire maggiore trasparenza nelle fondazioni politiche. Una curiosità: tra i temi meno citati da Renzi ci sono le Unioni civili, che infatti non hanno visto la luce nonostante le tante promesse.

E poi, imperdibile, c’è la comunicazione pensata per i naviganti della Rete, per renderla social: dal Documento di Economia e Finanza presentato con tanto di hashtag, alla Legge di Stabilità lanciata anche “in diretta Twitter“. Dalla riforma della Scuola, la cui presentazione fu preceduta da un video-monologo realizzato dal suo staff a Palazzo Chigi, fino al recente ‘decreto Happy Days‘: “Dodici buone notizie che l’Italia aspettava da tempo”. Video-monologhi che saranno ripetuti, con tanto di lavagna e gessetto, per ribadire la validità de ‘La Buona Scuola‘, e per lanciare la ‘ripartenza’ dei lavori, il primo di settembre. Ma intanto c’è la pausa estiva e l’immancabile: “Buone vacanze ai gufi“. L’autunno è un periodo meno felice, almeno per il rapporto del premier con una parte della stampa. Diversi i riferimenti critici a programmi tv, talk show e da ultimo l’attacco a Il Fatto Quotidiano durante la Leopolda 2015. Da ultimo scoppia la truffa delle banche popolari, evento che pesa sull’umore del presidente del Consiglio. Tanto che nell’ultimo appuntamento dell’anno a Montecitorio, in occasione delle comunicazioni sul prossimo consiglio Europeo, chiamato a discutere di immigrazione e terrorismo, Renzi polemizza duramente con Renato Brunetta. E’ la prima volta. Degli attacchi di Brunetta, infatti, non si era mai curato, e non aveva mai replicato.

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