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Netflix, se l’offerta televisiva diventa uno specchio (deformato?) dell’Io

Netflix, se l’offerta televisiva diventa uno specchio (deformato?) dell’Io
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Abbonarsi a Netflix è come mettersi in casa uno specchio dell’IO, perché ogni volta che ci affacciamo al servizio ci viene presentato il catalogo non di tutto, ma di quel che all’algoritmo pare prossimo ai nostri gusti.

A volte ci indovina, come con Marco Polo, dove non succedeva quasi nulla, ma i paesaggi erano fantastici, oppure con Narcos, dove invece succedeva di tutto, e per di più mischiato alla storia recente, fra coca e politica.

E passi per una storia stupidella come 100, una specie di Lost dei poveri, giacché sappiamo che essendo cresciuti a colpi di Jules Verne e di Isola Misteriosa, siamo attratti dalle storie a base di territori sconosciuti, belli e insidiosi, anzi insidiosissimi. Tanto più se fra quei 100 ricondotti allo stato di natura sulla Terra post atomica, si aggira il Signore delle mosche, il Demonio che cova sotto la civiltà, almeno agli occhi nostri che, al contrario di Salvini, consideriamo lo Stato un progresso, nonostante le tasse.

Però, non possiamo non chiederci cosa ci stia a fare nel “mio” catalogo – secondo Netflix – Jessica Jones, superdonna della Marvel alle prese con un controllore di menti (il Nemico) e con un Apollo nero, invulnerabile e. in ogni senso, superdotato (l’Alleato e Amante). Anche se, a ben pensarci, tante volte ci siamo detti che nella cultura pop, a frugarci con rispetto, si ritrovano le cose classiche, sicché gli eroi Marvel li possiamo considerare la versione 2.0 di Ercole, Achille, Sansone e dell’intera compagnia del mito greco e dei racconti biblici. Tele narrative eterne, e forse l’algoritmo lo sa.

Ovviamente fatichiamo a capire perché vengano appioppate al nostro gusto le commedie spiritose e le storie psicologico amorose (One Day oppure Viaggio con Buy e Accorsi)) dal sospiro garantito e profilate per l’attenzione femminile. Ma anche qui, a ben pensarci, ci ricordiamo che nei sospiri altrui, frugandoci per bene, si rintracciano cose di noi stessi che abitualmente teniamo in secondo piano. E forse l’algoritmo lo sa.

Insomma, a ben pensarci, finiamo col rassegnarci all’idea che l’algoritmo in fondo ci azzecchi. Ma continuiamo a chiederci come sia finito nel “nostro” assortimento XXY, dove, parola di locandina, “un’adolescente intersessuale cerca di capire il suo orientamento …”. E qui nell’algoritmo c’è di certo un bug, speriamo.

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