Quando nel 2013 Crystal Dynamics e Square Enix decisero di rilanciare (in gergo si chiama reboot) il personaggio di Lara Croft, in molti pensarono che sarebbe stata un’operazione estemporanea. L’archeologa creata da Toby Gallard, con un fisico da pin up e le doti atletiche di una ginnasta olimpionica, appariva come la classica vecchia gloria: una stella dei suoi tempi ormai inattuale. Inaspettatamente Tomb Raider fu un successo di critica e pubblico, mostrandoci una nuova Lara, più dolce, meno aggressiva; una ragazza appena uscita dall’università e costretta a confrontarsi con un mondo selvaggio e pericoloso come quello dei contrabbandieri di tesori archeologici.

Rise of the Tomb Raider, uscito in questi giorni e seguito diretto del gioco di due anni fa, continua questo percorso offrendoci una nuova avventura, questa volta ambienta nei gelidi altopiani della Siberia e tra i deserti siriani. Lara dovrà vedersela con una misteriosa setta di integralisti cristiani, come lei sulle tracce della mitica Sorgente della Vita, un manufatto mistico che pare possa donare l’immortalità.

I più attenti avranno già notato una serie di assonanze con alcune avventure di un certo archeologo con fedora e frusta, ma se la vicenda che fa da sfondo al gioco pare ritagliata dai cliché più triti della narrativa d’avventura il comparto ludico stupisce invece positivamente. Crystal Dynamics ha saputo unire il meglio dei giochi cosiddetti open world (quelli in cui il personaggio più muoversi liberamente nel mondo di gioco, come Assassin’s Creed) con il ritmo dei titoli d’azione classici, dove il/la protagonista si muove su un itinerario più o meno prestabilito.

Tra labirinti, oscure tombe e antiche reliquie dovremo guidare Lara Croft in un’avventura nella quale esplorare e sparare non saranno le uniche attività. Buona parte di Rise of the Tomb Raider, infatti, si svolge in complessi labirinti in cui, oltre a mettere in azione le doti atletiche della nostra eroina, ci troveremo a dover risolvere una serie di enigmi basati su varie caratteristiche ambientali del livello. Tra una nave bizantina congelata in un ghiacciaio e un misterioso tempio invaso dalle acque, il giocatore è costretto a usare una buona dose d’intuito per capire come attivare i vari meccanismi e scoprire così i tesori che si celano dietro a trappole e porte segrete.

Azione e cervello insomma, per un gioco che – da erede di una grande tradizione – riesce a rinnovarsi senza rinnegare se stesso. Crystal Dynamics e Square Enix sono riusciti a portare Lara nel vasto mare del gaming moderno, senza stravolgerla, ma rendendo Tomb Raider al tempo stesso rassicurante per i vecchi fan e intrigante per i nuovi.

A cura di Nicolò Carboni

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