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Difficile districarsi nella ridda di notizie, commenti e immagini sulla strage di Parigi. Ancora più arduo è non farsi trascinare dalla rabbia, cadere succubi della strategia: “occhio per occhio, dente per dente.” Essere razionali è quasi impossibile in questi momenti. Ma è l’unico modo per capire cosa sta succedendo. Proviamoci.

Sconfitto è sicuramente l’anti-terrorismo francese che nel giro di dieci mesi ha visto Parigi diventare teatro del jihadismo urbano per ben due volte. Hollande, il presidente francese, adesso parla di cellula siriana, ma sarà vero? Certo, questa giustificazione lo aiuta a coprire gli errori che ha commesso fino ad oggi, ma nello stesso tempo mette ulteriormente in cattiva luce l’antiterrorismo francese

Un’analisi razionale e attenta ci dice invece che le colpe vere sono a monte di quanto è accaduto e si riferiscono agli errori che gli europei hanno commesso in Medio Oriente. Che significa? Che dall’11 settembre abbiamo delegato la nostra politica estera a Washington. L’intervento armato in Siria porta la stessa matrice di quello preventivo in Iraq. La decisione di aderire alla coalizione internazionale non poggia su scelte di politica estera concrete, ma sul desiderio di seguire pedissequamente ciò che dice Barak Obama. E’ lui l’attuale pifferaio magico, che ha sostituito l’altro, George Bush, con il quale abbiamo già fatto un bel pezzo di strada verso il fiume in piena. A 15 mesi dall’inizio della campagna aerea in Siria, lanciata da Obama, non solo il territorio controllato dal Califfato è più grande di quando questo stato è nato, ma l’Europa è vittima del secondo peggior attentato dal 2004, dalla strage di Atocha, e si trova a dover gestire milioni di profughi.

Nel giro di poco più di un anno, l’Isis è diventato un gigante della paura. Ha smesso di tagliare le teste agli ostaggi stranieri però mitraglia la gente negli stadi delle capitali europee. Paradossale, poi, che nel giorno in cui le forze della coalizione decantavano l’uccisione di Jihadi John, il mozzatese dell’Isis, a Parigi i seguaci del Califfo hanno falciato 129 vite. Chi sta vincendo questa guerra? Non è forse ora di domandarselo per poter cambiare tattiche?

Hollande e tutti i suoi colleghi europei ci somministrano una narrativa molto simile a quella che Bush e Blair: occhio per occhio… Loro ci attaccano perché li bombardiamo, allora noi aumentiamo la dose, questa la logica. Ancora più guerrafondai sono i politici attuali, c’è chi inneggia alla guerra, chi suggerisce di inviare gli eserciti in Siria e c’è anche ci se la prende con gli immigrati e i profughi. Quanto farebbe comodo ad Hollande trovare un legame tra i poveracci che approdano dalla Siria e l’attacco parigino?

Cadere vittima di questo populismo spicciolo farà solo precipitare la situazione. La riprova sono gli attacchi di Atocha, di Londra e più recentemente quelli di Parigi. Bisogna aprire gli occhi.

L’attentato di Parigi rappresenta un grande salto di qualità nel jihadismo europeo. Le metodologie di Al Qaeda, attacchi spettacolari e simultanei, si sono sposate con quelle dei lupi solitari seguaci dell’Isis. Il risultato è una guerriglia urbana condotta con fucili automatici e bombe a mano.

Esiste anche una rete europea, questo ormai è chiaro, una rete che si è formata negli ultimi 15 mesi, mentre bombardavamo l’Iraq e la Siria. Ma a crearla ed a dirigerla non è stato l’Isis, piuttosto questa è il prodotto di un fenomeno spontaneo prodotto dall’ideologia anti-imperialista che l’Isis proietta in Occidente. E’ questo il vero pericolo: che a guidare gli eventi non ci sia più un grande burattinaio ma la storia, una forza prorompente prodotta dagli eventi eccezionali che da quasi 15 anni viviamo e che ci porta a commettere allo stesso tempo atrocità ed assurdità.

E’ contro questa rabbia, che ci acceca, che dobbiamo combattere iniziando ad ammettere i nostri errori, rifuggendo dal desiderio di cavalcare la tigre dell’ennesima tragedia del jihadismo europeo. La solidarietà con la Francia non basta, bisogna saper puntare il dito contro chi ci ha portato fin qui ed avere il coraggio di tapparsi le orecchie, abbandonare il pifferaio magico ed i suoi adepti e ritrovare la nostra voce. Spetta a noi europei, cittadini di questo continente in subbuglio totale dall’11 settembre, trovare una via d’uscita che funzioni.

 

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