“Ma quale chef. Io ho fatto solo un piatto, questo è stato l’impegno della serata…”. Chi l’avrebbe mai detto, che per riportarlo al passo di noi umani,  bastava metterlo in cucina: davanti ai fornelli Massimo D’Alema assume toni di una insolita modestia. Ieri sera è stato ospite d’eccezione di “Settembrini”, uno dei locali più alla moda di Roma, a due passi dalla Rai (e pure da casa di D’Alema stesso). Camicia a righe, si aggira per i tavoli a raccontare la storia dei vini che da qualche anno produce. Ma ha pure cucinato, “sotto la guida di un vero chef che ha avuto la pazienza di soppo rtarmi”, precisa. “Niente di sopraffino – spiega – una specie di carbonara con qualche rivisitazione… con un po’ di tartufo nero, delicato, la stagione è  buona”. Che l’ex presidente del Consiglio fosse appassionato di fornelli non è una novità: nel ‘97 andò in onda da Vespa il filmino del celebre risotto cucinato a casa sua. Ora racconta: “Ho sempre pensato che la gastronomia e il vino fanno parte della civiltà, della cultura di un Paese. Me ne sono  sempre occupato”. “Ho sempre avuto passione, sin da giovane ho sempre rifiutato l’immagine dell’u omo che sta a tavola ad aspettare  la donna che cucina. A casa mia cucino io. E devo dire: la famiglia è contenta, non sempre il piatto esce perfetto ma la buona volontà c’è”. Da quando la passione è diventata anche mestiere, D’Alema non disdegna di andare in giro a presentare il suo vino: “L’amministratore delegato è mia moglie, ma io sono il  promoter: anche stasera  qui, faccio due chiacchiere, racconto la storia di questi vini”. Preferisce il rosso  ma niente nomi: “Non voglio  fare pubblicità agli altri. Ho sempre amato il Pinot nero, i migliori li fanno i francesi. Borgogna rimane in testa alla classifica”. Chi si illude che D’Alema abbia  intenzione di lasciare la politica, però, sbaglia: “Io al massimo cucino a casa. Ma quale ristorante…per carità: io faccio  convegni, iniziative, viaggio il mondo. Ho altro da fare nella vita”. Ah, eccolo, è tornato in lui

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