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Voli di Stato: quell’aereo si chiama peculato

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Non c’è niente da fare. Riforme, reati, sanzioni vecchie (interdizione dai pubblici uffici) e nuove (decadenza, ineleggibilità), tutto è inutile. Nel nostro Paese le regole non servono. Perché sono tutti d’accordo nel non rispettarle.

Immaginate una partita di calcio: un giocatore è in fuorigioco, l’arbitro fischia, lui tira comunque e fa goal. Secondo la regola, l’arbitro lo annulla. Palla al centro e si ricomincia. Ma se giocatori e tifosi se ne infischiano della regola, aggrediscono l’arbitro, lo buttano fuori dal campo e pretendono di considerare valido il goal; e se questo in effetti succede; la regola sul fuori gioco è del tutto inutile. Se la Figc emanasse una norma più chiara e stringente ma, alla prossima partita, la reazione della squadra e dei tifosi fosse la stessa, anche questa sarebbe inutile.

Dunque le regole, da sole, non servono: occorre che i cittadini abbiano un “minimo etico” che li induca a rispettarle. Ma in Italia così non è. Renzi in visita a New York ne è l’esempio lampante. La regola da rispettare è l’art. 314 del codice penale: il pubblico ufficiale (Renzi) che, avendo per ragione del suo ufficio la disponibilità di cosa mobile altrui (l’aereo di Stato), se ne appropria e ne fa uso momentaneo, restituendola immediatamente, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Secondo la Cassazione (Sez. 6, 41587, 19/6/2013) il peculato si caratterizza principalmente per le finalità di tutela del patrimonio della Pubblica amministrazione e dell’interesse alla legalità, efficienza e imparzialità della sua attività.

Ritenere che la presenza di Renzi alla finale degli Us Open tra due italiane sia funzionale alla legalità e all’efficienza dell’attività della Pa è dissennato. I costi dell’operazione, come documentato da Il Fatto Quotidiano, sono pari a un ammontare tra i 150.000 e i 200.000 euro. La trasferta ha comportato la rinuncia del presidente del Consiglio a presenziare alla Fiera del Levante, evento strategico per l’economia del Sud. La sua presenza alla finale del torneo era irrilevante sotto il profilo istituzionale. Dunque Renzi ha commesso un reato, non ha rispettato le regole e, prova evidente di carenza del “minimo etico”, si è autoassolto con arroganza.

Su un altro piano, non è probabile che Renzi abbia avuto la faccia di bronzo di volare a New York perché tifoso di tennis: il gioco non valeva la candela. Ma lo spot pubblicitario sì che la valeva. Milioni di persone che lo vedono, ascoltano i suoi commenti scontati (gli Usa parlano italiano…), lo considerano uno sportivo (da poltrona) dinamico ed entusiasta, proprio come loro. Tutto questo conterà al momento delle elezioni.

Posto che il ragionamento sia esatto, questa strategia non ha nulla a che fare con “l’interesse della Pa alla legalità, efficienza e imparzialità della sua attività”; molto invece con un suo interesse privato. Altra circostanza che qualifica l’illegalità delle sue azioni.

Per finire. Probabilmente in Italia certe iniziative alla Casamonica sono paganti. L’arroganza, la superficialità, la mancanza di una cultura istituzionale, invece di costituire un handicap garantiscono popolarità. Però non riesco a non pensare alla stima e alla commozione che ha suscitato nel mondo intero Pepe Mujica, presidente dell’Uruguay, che ha rinunciato al 90% del suo stipendio, ha continuato a vivere nella sua casetta di campagna, ha utilizzato nei suoi spostamenti istituzionali la sua vecchia Volkswagen e, quando è venuto in visita ad alcune città Italiane, è arrivato con un treno delle Ffss. Il suo popolo lo ha amato e non è stato il peggiore dei presidenti. Anche per questo, prima di pensare alle regole e alle sanzioni, bisognerebbe valutare la nostra classe dirigente con il criterio del “minimo etico”.

il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2015

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